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Lettere al direttore – Renata Attolini: divieti e ordinanze

Dal divieto di festeggiare l’ultimo giorno di scuola, all’obbligo degli steward

Ci hanno colpito in questi ultimi giorni due divieti: quello della dirigente del liceo Da Vinci che ha costretto gli studenti in DAD l’ultimo giorno di scuola per evitare disturbo e fastidi con il vicinato e quello del sindaco di Trento che decreta limiti agli alcolici e obbligo di steward per i locali di piazza Santa Maria Maddalena.
Sebbene di portata diversa i due provvedimenti hanno una base comune, quella della difficoltà di gestire in modo creativo e con autorevolezza le situazioni e quindi di rifugiarsi dentro la facile scorciatoia del divieto.
 
Partiamo dal presupposto che amministrare è sicuramente un gesto non semplice.
Ma un dirigente saggio evita nella maniera più assoluta di dare l’idea di essere la donna/l’uomo solo al comando, mettendo in atto profonde capacità di ascolto attivo, valutando con attenzione le situazioni e discutendo le possibili soluzioni con tutte le parti coinvolte.
Un dirigente preparato è consapevole che questo lavoro è lungo e difficile, richiede determinazione e pazienza, ma alla fine porta a soluzioni condivise e quindi rispettate, perché la stragrande maggioranza delle persone, di ogni età, non rovina un lavoro a cui ha contribuito in modo sostanziale.
 
La dirigente del Da Vinci avrebbe potuto mettere in atto un percorso di consapevolezza e condivisione con studenti, famiglie e insegnanti e personale tutto della scuola su come stare bene a scuola e come concludere in modo creativo e piacevole l’anno scolastico.
Pensate alla meraviglia di una festa multietnica di beneficenza preparata in gruppi di lavoro! L’anno scolastico seguente poteva iniziare proprio con lavori disciplinari sull’evento; calcoli di spese e guadagni, riflessioni e scritti sulle emotività messe in gioco, ricerche geografiche e storiche su cibi ed usanze diverse, valutazione del grado di successo e ipotesi di lavoro per la fine del nuovo anno di scuola.
 
Il nostro sindaco invece avrebbe potuto perseguire la strada avviata con la sindaca della notte, appositamente nominata ad inizio legislatura, che è appunto quella del dialogo, della condivisione, della ricerca di soluzioni condivise che penalizzino nessuno e accontentino almeno in parte ciascuna delle parti in gioco.
Ha deciso invece di intervenire con un’ordinanza che impone ai locali Kafè Matrix e La Scaletta di non somministrare o vendere per asporto bevande alcoliche di qualsiasi gradazione da mezzanotte (mezzanotte e mezza il mercoledì il venerdì’ e il sabato) alle sette e di assumere degli steward che controllino i movimenti e impediscano che la movida si trasformi in degrado.

Confesercenti ritiene illegittimi i limiti posti alle attività e chiederà i danni all'amministrazione per i due locali che, con questo provvedimento, subiranno la riduzione delle entrate ma anche l'incremento dei costi per i nuovi steward e la concorrenza degli altri locali poco distanti e non coinvolti nell’ordinanza.
L'ordinanza non accontenta nemmeno il Comitato Antidegrado che non si sente abbastanza tutelato e pensa di dar corso a un'azione giudiziaria che costringa anche l'amministrazione comunale di Trento, come quella di Brescia, «a risarcire i residenti per i danni arrecati alla loro salute, comprimendo il diritto al riposo».
 
Un’ultima, ma non meno importante considerazione, riguarda il fatto che con questa ordinanza si delega a privati quello che è sancito per legge come compito dell’amministrazione comunale.
Con quale autorità un dipendente privato può far sgomberare la gente che occupa il suolo pubblico?
E quale segnale trasmette a cittadine e cittadini un'amministrazione che non si assume le proprie responsabilità e non provvede con le forze dell’ordine istituzionalmente scelte a sanare situazioni difficili?
 
Prendere una decisione così pesante sull’onda emotiva dello spavento causato dall’interpretazione della sentenza della Cassazione di Brescia che ha decretato che, se i rumori dovuti alla movida sono tali da essere nocivi per la salute di chi abita nelle vicinanze e non garantiscono il rispetto delle norme di quiete pubblica, il Comune deve pagare i danni, può non essere produttivo.
Infatti la sentenza di Brescia fa seguito ad un assembramento su suolo pubblico, dopo la chiusura dei locali, ed è quindi logico che a pagare i danni sia stata l’amministrazione, responsabile dell’uso del suolo pubblico.
 
L’altra sera, a Trento, ad ordinanza avviata, i buttafuori hanno fatto sgomberare la gente davanti ai locali, ma le persone sono rimaste comunque in piazza fino a tardi.
E così, il Comitato farà causa, Confesercenti pure, il Comune avrà dichiarato nei fatti di non saper gestire la situazione e la pezza dell’ordinanza causerà un danno economico maggiore di quello dell'ipotetico buco che si voleva sanare.

Renata Attolini
Assemblea Provinciale di Sinistra Italiana

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