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Lettere al direttore – Domenico Catalano, Villa Lagarina

I dati di Rovereto: il disagio giovanile e gli investimenti poco produttivi

I dati forniti dal Comune di Rovereto circa i minori della nostra comunità che anno avuto problemi con la Legge si attesta ad un 2,3% per l’anno 2016.
Quello che più sorprende sono state le analisi del fenomeno fin qui proposte dai vari esperti che danno la colpa chi al lockdown chi ai valori perduti della nostra società.
Di sicuro tutte queste analisi lasciano intuire che nessuno sia andato ad intercettare fisicamente questi ragazzi e ragazze, ormai abbandonati a se stessi, ed il cui malessere è stato utilizzato per creare un’industria dei rimedi sociali molto redditizia e poco utile così com’è strutturata.
 
Parlando con molti di loro, durante i pomeriggi d’ozio che trascorrono seduti su muretti del centro si percepisce che questi giovani stanno male perché vivono un assoluto presente e per loro il futuro non è una speranza ma bensì una minaccia.
A loro manca uno scopo che l’attuale sistema non gli permette di raggiungere perché sono venuti meno due punti di riferimento fondamentali: la famiglia e la scuola.
Nei primi anni di vita il piccolo acquisisce la capacità di saper comprendere gli stimoli esterni e trasformarli, dopo un’analisi interiore, in emozioni che possono essere equilibrati se ha vissuto il binomio famiglia scuola in maniera serena.
 
In un sistema finalizzato al solo profitto s’impedisce al minore di avere, costantemente, la presenza di almeno uno dei genitori che a volte, per far quadrare il bilancio familiare, sono costretti a lavorare anche la domenica.
Questi bambini a chi devono porre le loro domande, i loro perché, se non c’è nessuno che li ascolta?
Raggiunta l’età adolescenziale ci ritroviamo con delle persone che non sono state amate, curate, e per di più con un sistema scolastico che tende a sopportarli fino alla scuola media per poi indirizzarli in corsi di formazione che così concepiti sembrano dei parcheggi dove non imparano nulla diventando un peso per la comunità.
 
Alcuni di questi giovani, ricompresi nella fascia tra i 14 e 18 anni, proprio quella a cui di riferisce il famoso 2,3 %, che a calcoli fatti sono 26 (ventisei) per il 2020, appartenenti alle classi sociali meno abbienti ed in genere provenienti da altre regioni o stati esteri, mi raccontavano che non avevano un futuro e, come già detto, uno scopo nella vita in quanto qualunque loro impegno sarebbe stato vano data la loro provenienza.
Per loro fare malanni è un modo per dire esisto e non se ne fregano nulla di essere intercettati dalle forze di polizia tanto non cambierà nulla circa il loro status di gente senza futuro.
 
Ed ecco che le Autorità pensano di porre rimedio a questa situazione di degrado investendo ben 700.000 euro per un bando indirizzato ad associazioni ed enti non profit.
Mi sembra di capire che questa strategia d'investimento possa servire a giustificare gli amministratori quando alla domanda «cosa avete fatto per i giovani», vista la deriva del nostro tessuto sociale, possono tranquillamente rispondere «abbiamo investito una somma imponente» che si andrà ad aggiungere a quelle già investite per ottenere risultati poco apprezzabili visti i dati forniti.
A mio avviso l'approccio con i minori con devianze fino ad oggi non ha prodotto i risultati sperati e non si può proseguire per un sentiero già battuto.
 
Ai giovani mancano punti di aggregazione spontanei che fino a qualche decennio fa erano assicurati dagli oratori tutt'ora presenti ma chiusi sia a Rovereto centro che nelle periferie.
Chi tra i roveretani di una certa età non si ricorda dei pomeriggi di spensieratezza ed allegria trascorsi in oratorio quando sul momento si organizzavano due squadre e si giocava a calcio in maniera libera senza dover, necessariamente, passare da un tesseramento o inquadramento.
 
Detto questo, penso ad un approccio che, seppur affossando le radici nel nostro passato, è attuale e che cerco di riassumere così:
•    suggerisco all'Assessore competente di prendere contatti con le proprietà degli oratori per arrivare alla stipula di accordi che ne permettono l'apertura nei pomeriggi di tutti i giorni, con orario prolungato nei pomeriggi di sabato e nelle giornate di domenica;
•    le attività che si svolgeranno all'interno della struttura saranno libere e non programmate da alcuno chiaramente con la supervisione di persone esperte e preparate per evitare derive;
•     coinvolgere in questo tipo di attività i ragazzi e le ragazze dei licei che, per puro volontariato, possano creare una specie di sportello per le ripetizioni a giovani che si trovano in difficoltà scolastica ottenendo anche l'incontro tra minori che provengono da realtà familiari diverse;
•    far sì che anche le persone anziane vengano coinvolte in questo tipo di attività, ad esempio preparando le bevande e le merende, favoriti dal fatto che gli oratori, in genere, si trovano nei pressi delle loro abitazioni e quindi facilmente raggiungibili;
•    creare un collegamento tra personale esperto ed assessorato in maniera tale da attivare i servizi sociali qualora si venga a conoscenza di situazioni di disagio familiare e scolastico.
 
Ogni giovane ha una sua storia, le sue inclinazioni, le sue potenzialità che devono essere esplorate in un contesto d’amore ed amicizia.
Investire somme così elevate in un contesto così delicato come quello del disagio giovanile partendo da esperienze e modi di pensare già sperimentati e poco efficaci può creare false aspettative ed avrà come unico risultato di perdere ancora più tempo relegando la nostra comunità ad una omologazione con altre parti del nostro Paese che sarebbe meglio non sperimentare.
Alla base di tutto c'è l'impegno vero che non pretende nulla in cambio perché l'amore che manca a questi giovani, purtroppo, non si può acquistare come una bibita al supermercato.
 
Domenico Catalano, cittadino di Villa Lagarina

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