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«Indifferenza equivale a complicità» – Di Enrico Franco

La relazione del collega editorialista del Corriere del Trentino sulla Shoah, pronunciata lunedì 27 gennaio al Rotary Club Riva del Garda


Enrico Franco.

Il Relatore ha esordito ricordando che Riva del Garda è una città che ha avuto un importante rapporto di convivenza con l’Ebraismo.
Nel 1400, infatti, qui c’era una Comunità ebraica di diverse famiglie, ben organizzata, che non patì l’espulsione dal Trentino, dopo la triste vicenda del Simonino, in quanto questo territorio era sotto il dominio della Repubblica di Venezia.
Qui operò la Stamperia Marcaria, che pubblicò una quarantina di opere in ebraico, ma anche opere in latino, per il Concilio di Trento.
Gli Ebrei vissero a Riva in forma organizzata fino al 1770, quando vi fu l’ultima definitiva espulsione.
Quest’anno, la «Giornata della Memoria», istituita nella data della liberazione del lager di Auschwitz, riveste un significato particolare, in quanto ricorre il settantacinquesimo anniversario dell’entrata delle truppe sovietiche in quel campo di concentramento, situato in Polonia.
L’Italia ha deciso di celebrare tale giornata soltanto nel 2000, peraltro cinque anni prima dell’analoga decisione, assunta dall’ONU.
 
Dopo vent’anni, aumentano però i dubbi sul significato di questa ricorrenza, il timore che la sua ripetitività scada nel vuoto rituale, mentre, ha sottolineato Enrico Franco, è tuttora importante, nonostante tutti i limiti che essa possa avere.
Si tratta infatti di un impegno a ricordare ciò che è stato, rappresentando, soprattutto per le giovani generazioni, una fondamentale occasione per accrescere la conoscenza di quelle tragiche pagine di storia, meno note di quanto si creda.
Ad esempio, quanti sanno che l’ultima legge antisemita italiana è stata abolita soltanto nel 2008, allorché un decreto legge ha abrogato oltre tremila norme, tra cui la Legge del 22.12.1939, che vietava agli Ebrei di allevare ed usare i colombi viaggiatori?
 
Molti, ha poi sottolineato il Relatore, ritengono che la Giornata della Memoria sia utile agli Ebrei, ma non è così.
Gli Ebrei non hanno infatti bisogno di uno stimolo, per ricordare le persecuzioni subite ed il dolore loro arrecato, necessità che hanno invece le moderne società, tentate dalla chiusura e dal razzismo, come, purtroppo, si può constatare sempre più spesso, in questi tempi difficili, segnati da odio e rancore.
E questa è una riflessione che va fatta anche nel nostro Paese, nel quale persiste il mito degli “Italiani brava gente”, che è però un falso mito.
In Italia, infatti, su circa quarantamila Ebrei, almento novemila furono deportati nei lager tedesci e, di questi, nel sopravvissero solo millecento.
Quello che è più triste è comunque prendere atto che i delatori furono proprio Italiani, spesso vicini di casa, che comunque non si opposero e manifestarono quell’indifferenza, che ancora oggi la Senatrice Liliana Segre stigmatizza.
 
 Indifferenza, quindi, oltre che complicità 
Grazie alle leggi razziali, promulgate in Italia nel 1938, molti poterono addirittura profittare dei ruoli, lasciati vacanti dagli Ebrei, che non potevano più ricoprirli, ed alcuni di loro, alla conclusione del Secondo Conflitto Mondiale, poterono addirittura assurgere a ruoli di primo piano della Repubblica.
Su 896 docenti universitari, ha ricordato ancora, solo 1 (Massimo Bontempelli) si rifiutò di accettare una cattedra, sottratta ad un professore Ebreo con le leggi razziali, mentre quelli che criticarono tali leggi furono poco più di una decina.
Anche nella nostra Regione l’antisemitismo risultò comunque diffuso e ci furono personaggi illustri, che si distinsero nel praticare l’odio contro gli Ebrei.
Ci fu però anche chi si oppose e, in particolare, don Guido Bortolameotti che, con l’aiuto della domestica Adele Turrini, nascose a Cloz un ingegnere ebreo ed è oggi uno dei Giusti tra le Nazioni.
Ciò, a dimostrazione che era possibile opporsi all’antisemitismo: in Bulgaria, alleata della Germania nazista, la popolazione si oppose infatti alla deportazione degli Ebrei e i Nazisti dovettero rinunciarvi.
 
Tornando all’Italia, il Relatore ha poi ricordato che le leggi razziali vennero emanate nel 1938 (benché, all’epoca, 9666 Ebrei risultassero iscritti al P.N.F.): agli Ebrei fu impedito di lavorare, di andare a scuola, furono espulsi dall’Esercito, nel quale, nel corso della Prima Guerra Mondiale, si erano distinti per eroismo, ricevendo percentualmente più decorazioni al valore.
Agli Ebrei fu proibito di detenere una radio, di comparire nei necrologi, negli elenchi dei telefoni (unico mezzo di comunicare, oltre alla posta), negli annuari, di recarsi alle terme o in villeggiatura, di far parte di cooperative, di partecipare ad associazioni culturali o sportive, di gareggiare.
Agli Ebrei, a cifre rivalutate nel 2018 secondo gli indici ISTAT, vennero confiscati oltre 5,5 milioni di Euro, depositati in banca, circa 54,5 milioni in titoli industriali e, poi, titoli di Stato, terreni e immobili.
La «grande razzia», come l’ha definita Fabio Isman, ammonta ad almeno 150 milioni di Euro, quasi 300 miliardi delle precedenti Lire.
 
Nel 1939, venne istituito l’Egeli, Ente di gestione e liquidazione immobiliare, per amministrare e vendere i beni degli Ebrei, ente liquidato solo nel 1957.
Solo una parte del maltolto venne restituita ai legittimi proprietari, perlopiù eredi di chi non era sopravvissuto alla Shoah.
Soltanto nel 1998, lo Stato italiano, istituendo la Commissione Anselmi, ha comunque fatto luce ufficialmente su quanto accaduto e, in particolare, sull’acquisizione dei beni di cittadini Ebrei, da parte di organismi pubblici e privati.
 
Il Relatore ha quindi concluso con una citazione della Senatrice Liliana Segre: «Coltivare la memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e sofferenza, a ricordarci che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare».

Enrico Franco con l'ing. Amedeo Chizzola, Presidente del Rotary Club Riva del Garda.

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