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La Caritro per il «Giorno della Memoria», 27 gennaio

Nella sede di Trento, Palazzo Calepini, sarà allestita la mostra «La persecuzione degli ebrei in Italia 1938-1945 attraverso i documenti dell'epoca»

Il 27 gennaio ricorre l’anniversario dell'abbattimento dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz.
In ricordo della fine della Shoah, anche Fondazione Caritro celebra il Giorno Della Memoria organizzando alcune iniziative nelle proprie sedi.
A Trento, presso Palazzo Calepini (Via Garibaldi 33) sarà allestita la mostra «La persecuzione degli ebrei in Italia 1938-1945 attraverso i documenti dell'epoca», a stampa della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC Onlus.
 

 
Attraverso una raccolta di 38 pannelli, con impostazione scientifica e completezza storica, viene illustrata la persecuzione degli ebrei in Italia dal 1938 al 1945, ricostruendo tanto la fase della minorazione dei diritti e della persecuzione sociale attuate sotto il governo fascista del Regno d’Italia quanto la fase degli arresti, della deportazione e dello sterminio, attuati dal settembre 1943 alla Liberazione nelle regioni poste sotto l’occupazione tedesca e la Repubblica Sociale Italiana.
Attraverso parole e immagini, la mostra illustra come si svolse la persecuzione, come colpì le vittime, quale fu il comportamento degli italiani non ebrei.
I documenti, tutti coevi agli eventi narrati, sono di varia natura: documenti ufficiali emanati dalle pubbliche autorità, diari e lettere private, fotografie, giornali, volantini, che aiutano a capire quanto capillare sia stata la persecuzione, arrivando a negare ai cittadini ebrei prima il diritto all’uguaglianza e poi il diritto stesso alla vita.
Pur nella sua specificità, la singola esperienza di ogni uomo, donna e bambino fu conseguenza della politica razzista antisemita portata avanti prima dal governo fascista e poi anche dall’occupante nazista.
Il percorso è articolato in quattro sezioni, suddivise in 25 capitoli tematici, ciascuno contenente un breve testo di introduzione e inquadramento attraverso il quale si accede ai vari gruppi di documenti.
 

 
Ad ingresso libero, la mostra si potrà visitare dal 23 gennaio al 3 febbraio 2017 con orario 10-13 e 14-18.
Riservato agli studenti degli istituti di scuola secondaria è invece l’incontro con Roberto Riccardi in programma proprio la mattina del 27 gennaio 2017 (dalle 10 alle 12).
L’autore del libro «Sono stato un numero», pubblicato da Giuntina, dialoga con i ragazzi in merito alla tragica testimonianza dell’Olocausto, testimonianza che viene narrata nel volume attraverso la vita di un uomo, Alberto Sed, nato a Roma, ebreo, che nel 1944 fu deportato ad Auscwitz dove diventò un numero A-5491.
Una storia vera, triste, come lo è la Shoà. E’ la storia di un ragazzino di 16 anni che diventa uomo nel campo di sterminio di Auschwitz, un uomo che negli intenti dei suoi aguzzini doveva essere soltanto un numero, ma le pagine di questo libro dimostrano che invece tutto è rimasto più che vivo che mai e, altrettanto importante, restituiscono pure il ricordo di quei milioni di persone che non sono sopravvissute e non potranno leggerle.
 

 
Il libro accompagna la vita del protagonista dalla nascita ai giorni nostri: rimasto orfano di padre Alberto trascorre gli anni della giovinezza in collegio, sino a quando le leggi razziali gli impediscono di proseguire gli studi, così pure dovrà abbandonare da un giorno a un altro il gioco del calcio, non sarà più convocato per la sua origine.
Sfuggito alla retata nel ghetto di Roma verrà poi catturato qualche tempo dopo con la madre e le tre sorelle, Angelica, Fatina ed Emma. Dopo il transito da Fossoli, la famiglia è giunta ad Auschwitz su un carro bestiame.
Emma e la madre, giudicate inabili al lavoro nella selezione condotta all'arrivo, sono finite subito nella camera a gas.
Angelica, un mese prima della fine della guerra, è stata sbranata dai cani. Solo Fatina è tornata.
Alberto è sopravvissuto a varie selezioni, alla fame, alle torture, all'inverno, alle marce della morte. Ha partecipato per un pezzo di pane ad incontri di pugilato fra prigionieri organizzati la domenica per un pubblico di SS con le loro donne.
Dopo essere scampato a un bombardamento, è stato liberato a Dora nell'aprile 1945.
Tornato a Roma, superate le difficoltà di reinserimento, ha iniziato a lavorare nel commercio dei metalli e si è sposato.
Ha tre figli, sette nipoti e tre pronipoti.

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