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25 aprile: onore ai Caduti per la Patria, la Libertà e la Pace

Il più alto contributo di sangue per la Resistenza lo diedero le Forze Armate

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A Roma e in tutte le città italiane è stato celebrato oggi il 69esimo anniversario del 25 aprile.
Come sempre il nostro giornale esprime le proprie considerazioni su questa ricorrenza, che a quanto pare non è ancora una festa destinata a ricordare la fine di una dittatura, di una guerra sanguinosa e di una feroce guerra civile.
Purtroppo è ancora un momento che risveglia antichi rancori, evidentemente mai sopiti a quasi 70 anni di distanza. Ma non è di questo che vogliamo parlare, anche se prima o poi si dovrà affrontare anche questa problematica, quanto piuttosto di un aspetto che la gente non conosce abbastanza.
Vogliamo parlare del ruolo giocato dalle Forze Armate italiane nella guerra di Liberazione.
 
Dopo la proclamazione dell'armistizio dell’8 settembre 1943 da parte del maresciallo Badoglio e la fuga di Vittorio Emanuele III e del governo a Brindisi, i militari italiani, abbandonati al loro destino, si trovarono di fronte a una drammatica scelta: stare con il re o con il duce?
Seguirono ore febbrili, durante le quali i tedeschi, i nuovi nemici, non faticarono molto a impadronirsi della parte non ancora liberata della penisola.
Contro di loro ebbe inizio la Resistenza
Con questo termine s'intende, in genere, la Resistenza partigiana, attiva soprattutto dal giugno 1944, giacché la storiografia ufficiale pare avere dimenticato la dolorosa vicenda dei tanti militari che, in obbedienza agli ordini ricevuti e mantenendo fede al giuramento prestato, rifiutarono di arrendersi ai nazisti e morirono combattendo, non soltanto in Italia ma anche nei Balcani, in Corsica, nelle isole dell'Egeo e nelle altre lontane località presidiate dalle nostre truppe. 
 

 
I resistenti dunque non furono soltanto gli 80mila partigiani che salirono alle pendici dei monti, resistenti furono anche quei militari che, in obbedienza agli ordini ricevuti, rifiutarono di arrendersi al Terzo Reich.
Fra i «resistenti» dobbiamo collocare i marinai della nostra Flotta che la sera stessa dell'8 settembre, mentre le caserme si svuotavano, raggiunsero i posti di combattimento a bordo della squadra navale che salpò dalla Spezia alla volta di Malta.
Per quale motivo abbiamo dimenticato così a lungo la loro storia? Che cosa ci ha impedito di conoscere le disavventure belliche di migliaia e migliaia di militari che a Cefalonia, a Lero, in Jugoslavia e in tante altre località dello scenario bellico europeo rifiutarono di allearsi con Hitler e morirono combattendo?  
 
E come possiamo definire se non «resistenti» i 600mila militari italiani internati in Germania, che preferirono languire nei campi di concentramento anziché cedere alle lusinghe della Repubblica sociale di Mussolini?
Oggi vogliamo ringraziare i membri dell'Esercito Italiano che morirono dopo l'8 Settembre 1943 difendendo valorosamente la Patria dalla piaga e dall'oppressione nazifascista e beffardamente dimenticati dalla storia nazionale per troppo, troppo tempo.
  

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