«I due presidenti» – Dodicesimo capitolo
Spy story di Guido de Mozzi
IL PERIODO DEI DUE
PRESIDENTI
PERSONAGGI |
MARCO BARBINI |
A mia Madre, che mi ha
insegnato ad amare, |
Capitolo 12.
Prima di uscire, quelli della sicurezza ci restituirono in maniera
riservata cartella e giubbino antiproiettile. Andammo alla macchina
soddisfatti ma zitti perché sapevamo di essere ascoltati. Preso
posto in vettura Jill chiese istruzioni e loro ci dissero di andare
in appartamento. Ci avrebbero raggiunti là. Non avevo detto nulla
di quanto trovato nella mia ricerca e Jill mi diede aiuto evitando
l'argomento.
Arrivammo prima noi.
"Comincia tu."- Le dissi dopo esserci tolti gli apparecchi di
dosso.
Mi si avvicinò all'orecchio.
"Non sono sicura che non ci siano dei microfoni qua dentro." -
Bisbigliò. - "Evita di parlare di tuo padre."
"OK."
"I miei colleghi hanno avuto un'idea lì per lì." - Disse ad alta
voce. - "Visto che nessuno si è fatto vedere, hanno pensato di
forzare la mano in un'altra direzione. Faranno cercare a te le
prove necessarie."
"C'era da aspettarselo." - Dissi. - "E ti dirò che questo è molto
più vicino alla mia estrazione professionale di quanto non lo fosse
fare da esca a dei banditi."
"Belle scoperte!" - Mi disse Jill facendomi la lingua.
"Voglio ricordarti," - dissi ironico - "che sono un giornalista e
quindi è mi è naturale collaborare con i magistrati. No?"
"Credi di essere in Italia?"
Ma non potemmo parlare oltre perché suonarono alla porta. Stavolta
erano in tre. C'era in più un'altra persona che mi presentarono
come Patrick Vinery, che in italiano significa più o meno
Enoteca.
"Piacere." - Dissi. - "Ha un cognome che è tutto un programma."
Non rise nessuno.
"Il signor Vinery..." - Disse Jeff Flit. Ma si trovò a ridere. Risi
anch'io, ma Jeff smise di colpo e io smisi insieme a lui. - "Il
signor Vinery è il nostro esperto di..." - Risi io di nuovo,
imitato da Jill. Growe emise il suo sordo verso cinghialesco, alzò
le braccia e le lasciò cadere.
Intervenne direttamente Vinery. - "Sentite. E' da quando vado a
scuola che scherzano sul mio nome. Quindi ne so più io di voi di
battute. Se volete ve le elenco tutte e così dopo parliamo di
lavoro. OK?"
"E' il nostro esperto, tra le altre cose, di affari istituzionali."
- Continuò Flit senza ripetere il cognome. - "Dice che la cosa è
più che corretta."
"Mi sta dicendo che volete agire con l'appoggio del Dipartimento di
Stato ma senza che lo stesso Dipartimento di Stato ne venga
informato?"
"E' quello che le stava dicendo." - Confermò Vinery. - "Non c'è
ombra né di reato, né di scorrettezza alcuna."
"Beh," - dissi allora - "non occorreva l'esperto per questo.
Mancano due giorni al cambio della guardia del Governo. Se solo
dovete informare il Dipartimento entro 48 ore dall'inizio
dell'operazione, siete perfettamente in regola."
Mi guardarono in faccia.
"Cristo," - dissi, - "avete la faccia di un bambino che è stato
preso a fumare nel cesso."
"Andiamo a sederci." - Disse Flit. - "Dobbiamo mettere a punto il
piano."
"D'accordo" - dissi. - "Ma solo davanti ad una bistecca alta così,
coperta da una montagna di patatine fritte e una birra gelata." -
Avevo parlato come Tex Willer. - "Non mangio praticamente da 24
ore."
Rimasero interdetti.
"Eh no, cari miei." - Dissi cercando il cappotto. - "Stavolta non
mangio qui. Trovate un posto sicuro, e trovatelo in fretta. Io e
Jill ci prepariamo."
Stavamo seduti in un ristorante situato, tanto per cambiare, in un
seminterrato di Georgetown, e mi ero proposto di non parlare finché
non mi fossi fatto almeno mezza bistecca.
"Bene." - Dissi finalmente. - "Com'è andata? Avete preso i
malandrini? Possiamo festeggiare perché è tutto finito?"
Mi piaceva ciurlare il coltello nel manico.
"Perché non dite niente?" - Chiesi, continuando a mangiare
avidamente. Mangiavano anche loro, ma con maggiore circospezione.
Forse stavano cercando le parole.
"Già." - Fece eco Jill. - "Perché non dite niente?"
"Basta, ragazzi." - Disse il Capo di Jill. - "Sapete meglio di me
che non è successo niente."
"Perché, avrei dovuto accorgermene? Anzi, come avrei dovuto,
morendo a causa di un' esplosione pazzesca? No, cari miei. Meglio
così. Domani vi farò questo servizio, e via, me ne torno a casa. Mi
spiace lasciare qua Jill. Non ve la meritate."
Io e Jill riprendemmo a mangiare piacevolmente.
"Posso sapere come è andata a voi?" - Abbaiò Growe come se a lui
invece il pranzo fosse andato di traverso.
"Andato che cosa?"
"Basta, signor Barbini. Ne abbiamo abbastanza. Si rimetta serio e
ci racconti cosa ha scoperto."
"Non ho nessuna intenzione di farlo."
"Potremmo arrestarla per reticenza, per intralcio alla giustizia,
oltraggio a pubblico ufficiale, sosta vietata e tante altre ragioni
ancora, compreso il porto abusivo di arma da fuoco con proiettile
in canna."
Intervenne Flit col suo vocione rassicurante. - "Sentite, ragazzi.
Domani abbiamo una brutta giornata, e dobbiamo andare a dormire. Io
non ho fretta di sapere che cosa ha trovato il dottor Barbini
nell'Archivio Storico, ma è certo che ce lo dirà. Può aspettare
quanto vuole a dirlo, ma lo farà. Se vuole tornare a casa. Posso
aspettare fino a domani, perché mi interessa relativamente poco, ma
alla fine, se vogliamo chiudere l'indagine in corso, ci farà sapere
tutto."
"Ma che cazzo!" - Latrò Growe. - "Siamo stati noi a farlò accedere
all'Archivio di Stato. Stiamo scherzando?"
Jill stava mangiando la ciccia vicino all'osso, la più buona, e
pareva interessarsi poco a noi. Le si rivolse Flit.
"E tu, cosa stavi facendo mentre lui leggeva le sue cose?"
"Lo guardavo." - rispose Jill dopo aver finito il boccone e prima
di un sorso prolungato di birra.- "E studiavo con il colonnello
Kennett per capire come recuperare domani il tempo perduto
oggi."
"Bada a te, Jill. Non mi prendi in giro."
"Vacci piano, Saoul. Jill è fuori discussione." - Disse Flit. Poi
si rivolse a noi.
"Non importa. Ora vi diciamo cosa succederà domani. Ma prima,
dottor Barbini, deve impegnarsi ufficialmente al segreto di quanto
sto per dirle."
"Le basta la mia parola di gentiluomo?" - Gli chiesi
seriamente.
"No che non mi basta, J.F, J.S, G.S.V.D! Non siamo ad una cena di
molli aristocratici... Mi scusi, siamo tutti stanchi."
"Vedo."
"Me lo deve giurare. Qui, davanti a testimoni."
"Va bene." - Gli dissi. - "Le giuro di mantenere il segreto, ma
solo per 5 anni. Anche lei deve capirmi. Sono uno scrittore, prima
ancora che giornalista."
Fu dura, ma accettò. Quindi fece parlare Vinery, che oltre ad
essere l'esperto in affari giuridico istituzionali, era anche uno
storico del Servizio.
Patrick spiegò che l'indomani mattina all'alba si sarebbero dati da
fare per ottenere il permesso necessario che mi consentisse di
completare quella che ora facevano passare per una ricerca
esclusivamante mia.
Spiegò anche in che cosa consisteva quello che dovevo cercare di
verificare. Mi tirò fuori la storia dell'accordo tra la Mafia e gli
Usa durante lo sbarco di Sicilia, cose di cui mi aveva già
accennato Jill.
Mi fornì date, riferimenti ad atti ufficiali, circostanze e
possibilità di più percorsi di ricerca nel caso trovassi degli
intoppi o difficoltà di vario genere.
Non sarebbe stato facile, ma Vinery sapeva fare il ricercatore
meglio di me e mi aveva convinto che con l'interfaccia di Jill lui
mi avrebbe aiutato con facilità.
"Stavolta non ci saranno intoppi." - Mi rassicurò per l'ennesima
volta Growe.
Chiesi di andare a letto.
Alle 11 di sera io e Jill eravamo soli nel nostro appartamento.
Andammo in bagno, e poi a letto.
"Che ne pensi?" - Le chiesi.
Accese la radiosveglia in modo che le nostre parole non fossero
troppo intelleggibili, mi si avvicinò per parlarmi a bassa voce.
Avvertii il suo calore ravvicinato.
"La mia impressione è che sia accaduto qualcosa di nuovo di cui non
siamo stati messi al corrente. Ma conoscendoli, potrei pensare che
la soluzione adottata possa portare alla chiusura della faccenda
nel migliore dei modi."
"E cosa potrebbe essere accaduto, secondo te?"
Rimase in silenzio, e stavolta capii che ne sapeva di più di quanto
volesse farmi credere.
"Secondo me, dobbiamo riflettere sia su quello che è accaduto
quanto su quello che non è accaduto per niente."
"Parli della trappola andata a vuoto?"
"Anche. Ma la mia impressione è che in quello che stai cercando ci
sia molto di più di quello che vuoi far credere."
Mi feci guardingo; pensavamo la stessa cosa l'uno dell'altro.
"Ho l'impressione che le due inchieste abbiano, alla fine, qualcosa
di più di un qualche denominatore in comune."
"E cosa potrebbe essere?"
Sorrise guardando il soffitto, poi mi si avvicinò all'orecchio per
parlare a voce bassa.
"Non lo so, ma a volte ho l'impressione che si tratti proprio di
una stessa ed unica indagine. Domani, se vuoi un consiglio, quando
metti le mani su quei documenti, cerca di ragionare in modo più
esteso. Io non so cosa dirti, sei tu l'attore. Ma se trovi qualche
affinità tra le due piste, la tua e quella dell'FBI, fammelo
capire. Così, a spanne, non ti pare possibile che anche la Sicilia
avesse una fitta rete di collaborazionisti con gli alleati? Come
hai ipotizzato tu per il Trentino, voglio dire. No?" - Mi morse
l'orecchio con calore fino a farmi venire i brividi.
"Se troverò qualche affinità," - dissi per fermarla - te lo farò
capire."
Spensi la luce. Chiuse la radio. Le diedi un bacio vicino alla
bocca e lei me lo restituì con una carezza. Mi sentii
improvvisamente attirato da lei in modo irresistibile e lei se ne
accorse. - "Ssst. Buono. Tu ami tua moglie."
Non risposi, ma non mi allontanai.
"Senti." - Mi bisbigliò poi. - "Con ogni probabilità, questa è
l'ultima notte che passiamo insieme." - Fece una pausa. - "Posso
chiederti una cosa?"
"Certo."
"Cos'è che ti ha attirato di me?"
Ci pensai un attimo. - "La femminilità, che è piuttosto rara in una
donna che fa un lavoro come il tuo. E il fatto di essere amato da
una donna come te."
Non raccolse. Si avvicinò. - "E fisicamente?" - Cercavo di
accarezzarla sotto il pigiama. - "Cos'è che ti ha attirato di più,
fisicamente?"
"Gli occhi, quando sorridi con dolcezza. E... il sedere." - Dissi
con tutta sincerità, portandomi là con le carezze. Si rilassò per
godersele.
"Allora, senti." - Disse di nuovo.
"Sì."
"Perché... Perché non fai quello che ti aveva suggerito Liz?"
"Dormiamo." - Mi disse un'ora dopo.
"Devi darmi un recapito. Voglio rivederti ancora."
"Dormiamo." - Insisté. - "Domani abbiamo un'altra giornata
pesante."
"Un numero di telefono..."
"Dovesse succedermi qualcosa," - disse invece, spiazzandomi del
tutto, - "ricordati che lo dovevo alla tua famiglia. Quindi a te. E
adesso dormiamo."
Era spaventata? Cercai di addormentarmi tenendole la mano. Mi
accorsi che non ero riuscito a dirle nulla in merito al documento
intitolato Sumergible.
La mattina dopo ci svegliammo molto presto. Jill preparò un limpido
caffè con la macchinetta elettrica del salotto. La ringraziai
assicurandole che la prossima volta l'avrei fatto io.
"Grazie." - Disse - "Ma ti auguro che questa sia l'ultima volta.
Non volevi tornare a casa stasera?"
"Sì, ma non ho telefonato alla compagnia aerea per confermare il
volo..."
"Per quando avevi previsto esattamente il ritorno? Voglio dire
prima di ritrovarti coinvolto nel periodo dei due Presidenti."
"Per il 20 gennaio."
"Ah, proprio il giorno dell'insediamento di Clinton!"
"Non ne sapevo niente quando l'avevo prenotato."
Andai in bagno col caffè. Ne bevvi un sorso, poi però gettai il
resto nel lavandino. Quando uscii, erano le 6 e mezza, e Jill aveva
già parlato con il Capo. Alle 7 e mezza sarebbero tornati i due
tecnici della NSA a prepararci. Sarebbe venuto anche Vinery a
ripassare con me l'argomento.
"Tu non ti rendi conto di quanto sia difficile fare una ricerca di
qualcosa che non conosci per niente." - Le dissi. - "E' un lavoro
che potrebbe fare solo Vinery, se fosse al mio posto."
"Sarà Vinery a farlo. Siamo collegati via radio."
"Ma io non ho l'auricolare e non lo voglio neanche."
"Ce l'ho io. Se Vinery rimane in ascolto e ragiona per te, posso
passarti le dritte per la ricerca. Alla fin dei conti sono tua
moglie, e tua moglie lavora con te. A proposito, tua moglie sarebbe
riuscita a trovare l'informazione che hai trovato ieri?"
"Non lo so... Mia moglie è più un'operativa che una creativa."
"Cosa c'entra la creatività?"
Sorrisi. - "Se non sei un creativo, non solo in Italia, non riesci
neanche a trovare il tuo certificato di nascita. La carta è più
furba di quanto non si creda."
"Come potremmo organizzarci?"
"Ecco, in questo sarebbe adatta mia moglie. Però possono darci una
mano quelli della FBI."
"Loro non vi prendono parte direttamente."
"Ossignore, cosa vuol dire?"
"E' un'operazione ai limiti delle competenze dell'FBI. E'
praticamente un'operazione di spionaggio interno."
"E allora?"
"L'FBI vi partecipa solo ufficiosamente. Come Organizzazione
informata dei fatti. Una sorta di garante istituzionale."
"Hanno paura che qualcosa vada storto?" - Feci il gesto di toccarmi
le palle.
Cercò di riportare il sereno. - "Tu sei superstizioso?" -
Sorrise.
"No. Lo faccio per esorcizzare la sfiga."
"Credi nella sfiga?" - L'aveva detto in perfetto italiano.
"No. La sfiga esiste solo per chi ci crede..."
"Bravo. Anch'io..."
"E per chi ce l'ha, naturalmente."
"E anche questa l'hai letta nella Legge di Murphy?"
"No. L'ho coniata io, adesso."
Rise riprendendo da dove avevo interrotto. - "No. L'FBI non teme
l'insuccesso. Semplicemente non fa spionaggio."
"Voi, invece, sì."
"Noi, invece, sì. Però anche noi abbiamo i cervelli organizzativi."
- Disse con un certo orgoglio. - "E migliori dei colletti bianchi
dell'FBI."
"Fanne venire uno insieme a Vinery."
"Non occorreva dirlo. Ci avevano già pensato i miei."
Alle 7 e mezza vennero i due tecnici del giorno prima. Ci sorrisero
con simpatia. Ci applicarono di nuovo le radioline e mi piacque
ancora vedere il filo dell'antenna che veniva sistemato tra le
natiche di Jill. Mi chiesero se volevo un'arma anch'io. Domandai se
ne avevano chiesto il permesso e mi risposero di no.
"Sono solo ispirati dal buonsenso." - Aveva accennato Jill. - "Il
mio."
Ma stavolta, da come era andata il giorno prima, decisi di non
prendere la Beretta. Andai in bagno, la tolsi dalla cartella e la
misi nella parte più bassa del mio beauty. Come in Italia, mi
bastava sapere di poter portare l'arma con me.
Alle 8 vennero Vinery e l'esperto in Pianificazioni Tattiche. Si
chiamava Angelo Chittum. Un po' pelato, e quei pochi capelli che
aveva erano molto lunghi, quasi bianchi anche se non doveva avere
più di 35 anni. Assomigliava a Maurizio Nichetti, per cui si può
immaginare quanta fiducia riusciva a nutrire.
E invece, come Nichetti, si dimostrò subito un abile
professionista.
Chittum, che diceva di essere italiano di origine anche se sapeva
solo ordinare pasta, spaghetti, pizza, era esattamente quel che si
dice un tecnico delle operazioni. Ci fece alcune domande, quindi
suggerì questa via.
"Jill spiegherà di essere lei il product manager del «Progetto Sud»
confermando tuttavia che lo storico ricercatore rimane il dottor
Barbini. In questa maniera sarà spiegabile lo scambio di
comunicazioni con lei tramite Miss Jill Moore, l'interfaccia, alias
la contessa Gina Barbini. Vinery sentirà dai due microfoni la sua
voce e quella di Jill e darà disposizioni solo a lei che lo sentirà
grazie all'apparecchio acustico applicato agli occhiali."
"Forse è preferibile che anch'io abbia occhiali di qualche genere
per ascoltarvi?" - Domandai pensando di semplificare le cose.
"No. Altrimenti le cose si complicherebbero. Noi dovremmo sempre
specificare a chi si stiamo parlando. Inoltre, a lei non è stato
dato il microfono per motivi di carattere tecnico. In caso di
emergenza deve essere solo Miss Jill a ricevere disposizioni. Se ci
fosse un pericolo, mi scusi dottore, ma lei non dovrebbe saperlo.
Potrebbe avere una reazione imprevedibile e intralciare il nostro
intervento."
"Chiaro."
"Ci sarà in zona un nostro mini-van attrezzato di tutto. Monitor,
ricetrasmittenti, microfoni, registratori, quadro di controllo e di
regia. Io dirigerò le operazioni. Vinery farà solo il ricercatore
tramite Jill. Presumo che ci sarà anche il dirigente Flit, ma mi
auguro che si limiti a fare solo il supervisore responsabile."
"Si sa niente dal Dipartimento di Stato?" - Chiese Jill. Se non ci
fosse stato il loro benestare, era tutto tempo sprecato.
"Stiamo attendendo da un momento all'altro."
"Volete un caffè?" - Offrì Jill.
"No grazie." - Dissi io.
"Sì grazie." - Dissero loro. E lo bevvero davvero.
Squillò il telefono verso le 10. Rispose Jill. Era Flit.
"Sì, Capo."
Il Capo e Angelo Chittum parlarono poco meno di un minuto.
"E' fatta." - Disse alla fine. - "Andiamo, ragazzi."
Stavolta salimmo in macchina normalmente, senza troppe precauzioni,
ma non avevamo rivolto parola all'altoparlante dell'ascensore. Ci
separammo. Io e Jill salimmo su una macchina blindata, con due
agenti della NSA. Gli altri due sparirono da un'altra parte del
garage.
Avevano cambiato percorso e stavolta, dopo un quarto d'ora, eravamo
all'altezza della Casa Bianca. Eravamo fermi al semaforo e vidi un
gruppo di barboni. Mi venne voglia di sfilare un dollaro dal
portafoglio, ma mi limitai a guardarli. - "Stiamo lavorando per
voi." - Dissi invece rivolto a loro, per giustificarmi inutilmente
come tutti quelli che si scusano mentre ti rompono i coglioni.
Dopo aver lasciato i maestosi e malinconici monumenti neoclassici
del Centro, giungemmo al Pentagono puntuali. Posteggiammo di nuovo
negli spazi VIP. Scendemmo.
"Ne hai mai presa sabbia del Pentagono?" - Mi chiese Jill appena
fuori.
"No." - Dissi dopo aver fatto un po' di fatica a mettere a
fuoco."
"Beh, procurati un sacchetto di nailon, così dopo ne raccogli un
po'."
La mia amica mi aveva davvero sorpreso. Mi riproposi di chiederlo a
qualcuno dell'Ufficio Storico.
Avvicinandoci al controllo e Jill mi chiese se avevo l'arma.
Risposi di sì, mentendo.
"Dove l'hai messa?"
"In cartella."
"Consegnala."
"Naturale." - Dissi, sapendo che era vuota. - "Al diavolo!" - Dissi
poi. - "Perché me lo chiedi, hai qualche presentimento di
merda?"
Non rispose. Alle 10 e trenta c'era un sacco di gente, molta di più
del giorno prima. Ma il Colonnello ci venne incontro con maggior
sollecitudine. Probabilmente era impressionato di come riuscivamo a
sensibilizzare il Dipartimento di Stato in così breve tempo.
"E' tutto pronto." - Ci sorrise dandoci la mano. - "Signora
contessa..."
"Voi, in America, ce l'avete con i titoli nobiliari..."
Da come lo disse, a Jill non andava poi tanto stretto sentirsi
chiamare contessa.
"Mi ha detto signora contessa..." - Mi bisbigliò. - "Lo devo
richiamare di nuovo?"
Il colonnello ci informò che sarebbe stato necessario effettuare la
ricerca nello stesso padiglione e che aveva già fatto chiamare la
signora Dolan e il signor Jacobs.
Infatti li trovammo già al lavoro per attivare i PC di
servizio.
Si alzarono per salutarci e il colonnello diede loro gli estremi
per la ricerca da effettuare. Lessero, poi scambiarono tra loro
alcune questioni formali. La signora iniziò a digitare, finché
riuscì a determinare quali erano i primi file da aprire. Lavorarono
così per un bel po' mentre noi li guardavamo da dietro. Ogni tanto
chiedevo a Jill alcune cose per far sapere a Vinery a che punto
eravamo.
Imboccammo più di un percorso che poi si era rivelato chiuso. Ogni
volta Jill era riuscita a riportare la signora ad una navigazione
alternativa. Vinery conosceva il mestiere molto meglio di me.
Dopo mezz'ora, si giunse ad un bivio per il quale c'era da decidere
in maniera irreversibile quale percorso adottare.
"La scelta di una di queste vie preclude l'altra." - Ci informò
Jacobs. - "C'è un indicatore di riservatezza specifico. Nel senso
che se volessimo accedere ad entrambi, avrei bisogno di due
distinti permessi da parte del Dipartimento."
"E non potrebbe fare un'eccezione?"
Sorrise. - "No. Si bloccherebbe il secondo accesso e verrebbe
registrato il tentativo, che è identificabile con la mia sigla." -
Fece vedere la sua tesserina con foto, nome e banda magnetica.
Jill chiese tempo per decidere e i due si rilassarono. La signora
Dolan chiese se la lasciavamo fumare. Feci cenno di sì. Il
Colonnello, che non poteva lasciarci soli, stava cercando di fare
qualsiasi cosa pur di farsi sentire indispensabile.
Finalmente Jill disse di aver deciso, nel senso che Vinery le aveva
comunicato l'opzione.
"Vorrei prima verificare," - disse Jill alla Dolan - "se il
documento siglato SIO-HUSKY corrisponde alla branca VSE-071043,
dove V sta per 5 in lettere romane."
Operazione Husky, ricordai, era il nome convenzionale dato allo
sbarco di Sicilia del 10 luglio 1943.
Mary Dolan smanettò un po'. Rimandò una sigla a Jacobs, il quale le
rispose con un'altra.
"Sì, corrisponde." - Disse alla fine.
"Bene." - Concluse Jill soddisfatta. Recitava bene, sorretta da
Vinery. - "Allora desidero vedere il documento siglato dal
Presidente Roosvelt VSE-H."
"Roosvelt VSE-H" - Ripeté Jacobs alla Dolan. Poi, dopo aver letto
ciò che appariva, le comunicò le coordinate. Questa digitò di
conseguenza e si mise in moto una specie di juke-box che si fermò
per mettere a disposizione un CD-Rom colore giallo oro. La signora
lo prese, lo inserì nel drive, lo caricò, quindi fece accomodare me
e Jill spiegandoci come fare per navigarlo.
Guardai il monitor. Procedendo su un percorso ad albero, trovai una
serie di documenti alla maggior parte dei quali diedi un'occhiata
veloce. Disposizioni, decreti, spostamenti di truppe; era eccitante
e mi sentivo nuovamente emozionato.
C'erano sempre due firme, quasi sempre quella del Segretario di
Stato più un'altra, che a volte era il Capo di Gabinetto, a volte
il Capo di Stato Maggiore del fronte occidentale, a volte quello
del fronte orientale. In qualche raro caso, quella del Presidente
in persona affiancato dalla firma del Segretario di Stato.
Era faticoso leggere in inglese dei documenti redatti con macchina
da scrivere degli anni '40, e a volte anche a mano, in americano
con gergo misto tra il militarese e il politichese, come si direbbe
oggi. Avrei potuto impiegare ore ed ore.
Confesso però che era stupendo vedere tanti documenti che avevano
scritto la storia dell'epoca e che uno sull'altro avevano costruito
il Mondo così com'è oggi. Mi sforzai a non leggere tutto, anche se
ero virtualmente attirato da qualsiasi cosa. Così saltai tutto
quello che non riguardava la campagna di Sicilia.
Comunque, non trovai nulla.
Giravo attorno ad una serie di documenti che parlavano sì di
Sicilia ma, almeno all'apparenza, nulla di particolare. Lessi e
rilessi i documenti finché sentii la mano di Jill sulla spalla
destra. Gliela accarezzai traendone conforto. La feci avvicinare
per bisbigliarle qualcosa nell'orecchio.
"Aiutami."
"Aiuto." - Ripeté. Rimase a sua volta in attesa di risposte.
"Non è facile." - Disse a nome dei suoi.
"E allora," - dissi disarmato, - "non c'è nulla da fare. Niente.
nessun riferimento utile. D'altronde, chiunque sarebbe stato pazzo
firmare qualcosa di così compromettente."
Pausa.
"Esatto." - Disse Vinery per bocca di Jill. - "A meno che non fosse
stato il Presidente in persona. Non avrebbe avuto da giustificarsi
con nessuno, in periodo di guerra. E non temeva certo per la
carriera; era al secondo mandato presidenziale e sapeva che gli
avrebbero dato anche il terzo, caso unico nella storia degli
USA."
"Hai ragione." - Dissi. Tornai indietro a rivedere con maggiore
attenzione i documenti firmati da lui.
Un primo documento si riferiva ad una nota che era stata fatta
pervenire al Presidente; riguardava la situazione in Italia alla
vigilia dello sbarco in Sicilia. Lo cercai, poi lo lessi sottovoce
ma in modo che potesse sentirlo anche Vinery. Poi ne trovai un
altro, molto chiaro nella sua logica, ma per me assolutamente
inquietante sotto tutti gli aspetti. Non era firmato, ma
evidentemente non era del Presidente perché era destinato a lui.
Dopo una pausa forse troppo lunga, lo lessi a Vinery.
S/E, aprile 25 1943.
"Sumergible assicura che tutto è concreto. Casa reale, capi della
polizia, dell'esercito, e dei carabinieri, esponenti fascisti
siciliani, dello stesso governo fascista e vertici di Cosa Nostra.
Un intervento del re può determinare una rapida soluzione della
guerra considerata ormai impari.
La conquista della Sicilia allo stato risulta rapida, grazie alla
Loro collaborazione. E' indispensabile per scatenare la scintilla
della ribellione popolare e il conseguente crollo del Regime."
Pausa.
"Potrebbero essere Loro?."
Pausa.
"Ripeti la firma." - Disse Jill.
"Non c'è." - Dissi dopo un attimo di perplessità e angoscia.
Pausa.
"C'è qualche appunto?"
"Sì."
"Posso leggerlo?"
"Certo."
Jill si avvicinò e lesse perché gli altri sentissero. - "Sumergible
garantisce la passività."
Pausa. Il cuore mi si fermò un attimo.
"Di chi sarà?" - Chiesi per prendere tempo.
"Dovrebbe essere del Presidente." - Rispose Vinery per bocca di
Jill.
"Questo non è un principio storico." - Tagliai corto. Poi mi
rivolsi a Jill perché ora sapevo cosa fare. - "Ti ricordi quando
siamo andati a prendere il materiale allo Smithsonian?"
"Che c'entra adesso?" - Chiese infastidita perché la stavo
distraendo.
"Siamo nella stessa situazione di allora."
"Ma cosa dici?"
"Quando andammo alla 7ª Strada... "
"La 7ª Strada?!"
"Eravamo a piedi. La macchina in un divieto di circolazione,
svegliati! Ho trovato." - Jill mi guardò perplessa mentre le
stavano arrivando istruzioni da Vinery.
"Puoi dire di più?" - Mi chiese sottovoce Jill. Sapeva che
dall'altra parte stavano registrando e, visto cosa le avevo detto
in codice, mi diede tempo di pensarci.
"Se lo dico," - le dissi piano ma in modo intelleggibile dai suoi -
"io ho chiuso."
"In che senso?"
"Loro sanno quello che sto cercando. E io voglio garanzie."
Pausa.
"Non sono sicuri che si tratti di qualcosa di importante."
"Lo sono io."
Pausa piuttosto lunga.
"Cosa vuoi?" - Dissero infine tramite Jill.
"Che mi stiate vicino finché a casa mia tutto non non sarà tornato
come prima."
"Dicono che il problema cessa di esistere non appena il cerchio si
chiude."
"Ci incastrano. Siamo soli."
"Puttanate. Finché ci sono io, tu e la tua famiglia..."
"OK, OK." - Dissi facendole segno di non dire altro perché ne
avremmo parlato più tardi da soli.. - "Vieni a vedere cosa c'è
scritto qui, ma non pronunciarlo." - Misi l'indice fino a farle
trovare una parola. - "Ne parliamo da soli."
"OK. Ragazzi." - Dissi all'orecchio di Jill perché sentissero
dall'altra parte del microfono. - "Vi dirà tutto Jill più
tardi."
Salutammo e ringraziammo per la cortesia sia il Colonnello Kennett
che la signora Dolan e Mr. Jacobs. Ci erano davvero stati
preziosi.
Alle 13 eravamo al Ricevimento a riprenderci i montoni, i nostri
giubbini di Kevlar e i nostri accompagnatori.
"Tutto bene?" - Chiese genericamente uno dei due.
"Tutto bene." - Confermò Jill. Io feci segno di sì con la testa.
Poi mi venne in mente un problemino.
"Sapreste trovarmi un sacchettino di nailon?"
"Ha detto un sacchettino di nailon?"
"Sì," - dissi senza sentirmi in imbarazzo. - "Ma può andar bene
anche in politene, cellulosa o carta..."
L'agente si diede da fare e me ne procurò uno mentre stavamo per
uscire.
Fuori faceva freddo e sarebbe stato un casino col terreno gelato.
Mi avvicinai all'aiola dando un calcio ad una zolla. Questa si
staccò, ed io mi chiani a raccoglierne un pezzo, il più piccolo.
Aprii il sacchetto di naylon, vi introdussi la terra e la feci
vedere a Jill sotto gli occhi interrogativi degli agenti che ci
avevano accompagnato. Purtroppo li avevo distratti.
"La mia amica ti sarà grata. Potrò descriverle le circostanze in
cui l'ho presa?"
"Certo. Anzi, esagera un po' sulla gravità delle circostanze in
modo che si ricordi di me con emozione ogni volta che la vede."
La misi contro luce perché la vedesse in trasparenza.
Fu alzando gli occhi che Jill si accorse.
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