Il romanzo dell'estate: «Operazione Folichon» – Ultimo Capitolo

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Guido de Mozzi

«Operazione Folichon»

Primavera - Estate 2010

PERSONAGGI


Dott. Marco Barbini

Imprenditore italiano

On. Vittorio Giuliani

Senatore della Repubblica Italiana

Arch. Giovanni Massari

Imprenditore italo americano

Eva de Vaillancourt Massari

Moglie di Massari

Geneviève Feneuillette

Baby-sitter di casa Massari

Antonio Longoni
Cesare Agnolin
Giancarlo Negroni

Soci d'affari di Massari

Julienne (Giulia) Lalancette

Assistente di Massari

Rag. Luciano Pedrini (610)

Promotore finanziario di Massari

Giuseppe Kezich

Maestro di caccia

Amélie Varenne

Estetista di Eva Massari

Ing. Giorgio Scolari

Titolare del calzificio Technolycra Spa

Col. Antonio Marpe

Dirigente del Gico

Gen. Massimo Frizzi

Alto funzionario della DIA

Massimiliano Corradini

Finanziere sotto copertura del Sisde

Ammiraglio Nicola Marini

Direttore del Sismi


Nomi, fatti e personaggi di questo romanzo sono frutto della fantasia dell'autore.
Eventuali riferimenti alla realtà sono fatti solo per inquadrare il momento storico di riferimento.
Il locale «Le Folichon» esiste, ma non è mai stato teatro di fatti come quello descritto nel presente romanzo.
Stessa cosa per il bellissimo Hilton di Roma.


Capitolo 26.
Roma, Miami, settembre 2002.



Rimasi solo per un po', quindi chiamai l'infermiera per chiederle se la mia famiglia era stata avvisata.
«Lei deve riposare. E' imbottito di antidolorifici e…»
«E allora perché ha fatto entrare il Capo della Polizia e…»
«Oh, al diavolo!»
«Mi dica se i miei sono stati avvisati.»
«Il Prefetto di Trento ha personalmente raggiunto sua moglie e suo…»
«Trento non ha la prefettura. - la interruppi. - E' una Provincia a Statuto Speciale.»
«Così mi hanno detto.»
«Sì, ma si riferivano al Commissario del Governo.»
La poverina sospirò.
«Be', per farla breve, sua moglie e suo figlio la raggiungeranno tra un po' con un volo privato del Ministero degli Interni che è appena partito dall'Aeroporto Caproni di Trento. Quindi…»
«Quindi cosa?»
«Quindi, se vuole parlare con la signora qui fuori, è meglio che lo faccia subito.»
L'infermiera aveva più buonsenso di quello che pensassi. Aprì l'uscio, fece entrare Eva e uscì.
«Lo affatichi pure, signora, - le disse la scriteriata. - Ha solo una brutta ferita da taglio.»
Eva si sedette sul bordo del mio letto e mi prese la mano. Era bellissima. E femminile. E dolce. E sensuale. E troia. Cinque ottime ragioni per perderci la testa…
«Da quando?» - Mi limitai a dire dopo un lungo silenzio.
«Da quando era scomparso Giovanni.»
Aveva abbassato la testa, ma poi l'aveva rialzata. Non doveva niente a nessuno, neanche a me.
«Il pilota del nostro jet era un agente della Dia, lo sai. Dopo la sua "scomparsa" si era presentato da me un certo Frizzi, il quale mi mise un po' alla volta al corrente di tutto. Io fui sconvolta dalla verità che mi si andava a presentare, tanto che alla fine volli reagire.»
«E così ti sei messa con Frizzi…»
«Sì… Be'… No… Cioè, mi sembrava di punire tutti, stando al gioco. Giovanni, Amélie, tutti quelli che non mi avevano detto niente… Perfino Depp, he he.»
Aveva trovato il modo di sorridere.
Sospirai.
«E così hai punito anche me…»
Silenzio per cinque secondi.
«Sì, anche te. In qualche modo eri la causa di tutto, tanto che avrei voluto mettermi con te…»
Mi sentii battere il cuore, a tutto danno della ferita che adesso pulsava.
«Ti sei messa con l'indiano che ha ucciso il tuo cowboy? - Le dissi cinico. - Sempre per vendicarti di qualcuno, vero?»
Non raccolse.
«Ma tu non c'eri. - Aggiunse poi. - Non hai capito niente, neppure dopo cinquantamila mails…»
Portai la testa dall'altra parte. Il genio della comunicazione aveva girato la testa dall'altra per provare a convivere con la merda. Poi mi rivolsi nuovamente a lei.
«Tu sapevi che Frizzi ci intercettava le mails?»
«No, non le leggeva affatto.»
«Ma conosceva particolari…»
«Glieli raccontavo io…»
Merda! Merda! Merda! pensai girandomi nuovamente dall'altra. La ferita mi avrebbe fatto male presto se continuavo così. Cercai di rilassarmi.
«Non hai notato neanche il tatuaggio.» - Misse sorridendo mentre mi giravo.
Si scoprì il braccio.
«Come no? La Emme di Massari… - dissi. Poi ci ripensai. - O era la Emme di Massimo?»
«No, la Emme di Marco.»
Ero certo che mentiva, ma piacevolmente.
«Tu e Frizzi lo avete deciso insieme di far fuori Giovanni, vero?»
«Lo abbiamo deciso, ma non insieme. Frizzi sapeva che tu mi piacevi, ma era certo anche di avermi in pugno. Pensava che soldi, potere, carisma, segreti, intelligenza e… altre cose che lui aveva, lo rendessero irresistibile ai miei occhi.»
«E… - chiesi sapendo che non poteva essere così. - Aveva ragione?»
«Sì.»
Fanculo, pensai. Troia
«Ma lui voleva solo soldi. Dapprincipio credevo che li volesse solo per lo Stato, sai sembrava il tipico alto funzionario di Stato integerrimo, privo di qualsiasi interesse che non fosse la ragione di stato. Poi però un po' alla volta ho capito che io ero solo un mezzo per arrivare altrove…»
«Non mi sembravi proprio uno strumento quando ti ho trovata con lui…»
«Be', senti, non ti aspettavamo proprio.»
«Me ne sono accorto.»
«Aspettavo un'altra persona…»
«Un'altra? - Chiesi proprio sorpreso. - E chi?»
«E' qui fuori. Posso farla entrare?»
Non c'era bisogno di una mia risposta. Si alzò, aprì la porta e fece entrare un uomo sulla sessantina, alto, capelli bianchi, asciutto e con un portamento certamente militare.
«Sono l'ammiraglio Nicola Marini. - Si presentò prendendomi la mano. - Sono il direttore del Sismi.»
Mi venne da ridere. Era il direttore del Sismi, cosa potevo fare se non ridere? Ci mancava solo lui e il quadro era completo. Non mi sarei meravigliato se dopo fossero entrati anche il direttore del Sisde, il comandante generale dei carabinieri, il direttore delle carceri, il comandante del Corpo forestale dello Stato, il segretario generale della Farnesina… Avrebbero parlato di me come l'elemento più pericoloso non tanto per la sicurezza dello Stato quanto per gli equilibri esoterici. Nominandomi si sarebbero sempre toccate le palle anche le donne meteopatiche del Ministero…
«Mi spiace che sia rimasto ferito. - Disse rassicurante. - Però deve credermi se le dico che la situazione è sempre stata sotto controllo.»
«Non si direbbe…» - Sorrisi ancora.
«Il Presidente in persona aveva disposto che la sua incolumità dovesse essere al di sopra di ogni altro obbiettivo.»
Mi sentii lusingato, anche se sapevo che non era vero.
«Dica al Presidente che è un piacere sapere che lo Stato si sia preso tanta cura di me…»
Mi accarezzai la medicazione.
«Deve sapere solo che lei ci ha preceduto di poco. Eva Massari aveva accettato di collaborare con noi. Voi due sareste stati i testimoni chiave per incastrare Corradini e recuperare i suoi soldi. Sa, la signora stava trattenendo Frizzi all'Hilton quando si è presentato lei con, diciamo, una certa animosità…»
«Mi sta dicendo che ho rovinato tutto?»
«No, anzi, col senno di poi. Ci ha fatto risparmiare un imbarazzante processo e ci farà recuperare un sacco di quattrini.»
«Le daremo tutto l'aiuto necessario.» - Gli dissi, con la mia solita stupida fedeltà verso le istituzioni.
«In cambio di una piccola ricompensa.»
Era stata Eva a parlare.
«Come ha detto? - Domandò l'ammiraglio. - Ah sì, certamente. Il Governo è disposto a riconoscervi…»
«…L'uno percento dell'intero patrimonio netto recuperato.»
«Si pensava l'uno per mille… - Ribadì l'Ammiraglio colto di sorpresa. - Che è pur sempre è una cifra di tutto rispetto…»
Un cicalino provenne dalla giacca di Marini. L'ammiraglio chiese scusa e sfilò la radiolina dalla tasca interna e si mise l'auricolare.
«Sì? - Ascoltò. - Bene.» - rispose.
«Purtroppo la nostra visita deve finire qui.»
«Un'emergenza?»
«Stanno salendo sua moglie e suo figlio.»
L'ammiraglio mi strinse la mano destra, Eva mi baciò la sinistra, quindi si girarono verso l'uscita. Lui la teneva sotto braccio. Non mi sfuggì che il nome dell'ammiraglio iniziava per Emme. Una vocina mi disse che la percentuale sarebbe stata più vicina all'uno percento che all'uno per mille…
Ma non vedevo l'ora di incontrarmi con la mia famiglia.

Agli inizi di settembre andai in convalescenza in Florida su consiglio dei medici che erano curiosi di sapere quando sarei riuscito a riprendere il gioco del golf. La mia famiglia mi aveva accompagnato e sarebbe rimasta con me fino al 20 settembre, dopodiché io sarei rimasto da solo con Cesare. Lo avevo invitato perché era stato ferito per difendere me. Lui diceva che faceva parte del suo lavoro, ma io mi sentivo in debito con lui e l'avevo voluto portare con me in vacanza. Gli avevano dato sei mesi di convalescenza pagata, che corrispondevano più o meno ai tempi minimi dell'inchiesta che viene obbligatoriamente aperta ogni qualvolta un agente esplode dei colpi di arma da fuoco verso una persona. Lui, accettando il mio invito, si era offerto di farmi da autista e guardia del corpo. Per prima cosa gli comperai una mitraglietta che gli piaceva tanto, poi lo autorizzai un po' alla volta a guidare la mia Cadillac d'epoca. E non mi era sfuggito che aveva posato gli occhi su Jenevieve.
Incontrammo più volte Luciano Pedrini, il quale non aveva ancora iniziato a studiare l'inglese, ma era un problema irrilevante perché stava vendendo alla grande in Italia i lussuosi appartamenti del palazzo in South Miami Beach. Rendevano il 12% perché erano sempre affittati e la rendita in dollari da mattone continuava ad esercitare un forte fascino nella mente degli investitori italiani, in un momento in cui BOT non rendevano più del 3,2%. Eppoi, riceveva lo 0,5% di tutti i quattrini recuperati per conto dello Stato. Lui non sapeva di cosa si trattasse, ma gli stava benissimo guadagnare solo "individuando i business che concludeva qualcun altro".
Infatti, Amélie aveva iniziato a collaborare con Eva per ricostruire i flussi finanziari attivati da Massari e Corradini, con l'aiuto presumibilmente "inconsapevole" dei consoli haitiano e italiano di Québec City. Anche io mi divertivo a collaborare con loro e d'altronde avevo il mio buon tornaconto, cosa questa che aveva trovato l'appoggio da parte di mia moglie in quella trasferta estemporanea in USA. I contatti con il direttore del Sismi erano tenuti regolarmente da Eva, e anche questo era gradito da mia moglie.

Nel corso della prima settimana di settembre un assegno circolare di duecentomila dollari americani era giunto a una fondazione di Venezia, istituita per sostenere le famiglie delle vittime degli strozzini e della Mafia del Brenta. L'aveva fatto avere un avvocato di Miami su incarico mio, mantenendo i mio anonimato. Non volevo che la farina del diavolo andasse in crusca e per questo avevo voluto da una parte alleggerire un po' il guadagno nato dal mio fugace rapporto d'affari con Massari e dall'altra scaricarmi del tutto la coscienza. Eva avrebbe versato il doppio entro il mese di ottobre mentre Amélie avrebbe versato un milione tondo tondo entro la fine dell'anno, anche se con ogni probabilità si sarebbe trattato di dollari canadesi.
Eva mi aveva confessato di nutrire una certa simpatia per l'ammiraglio Marini.
«Ha avuto mille occasioni per scoparmi, - mi aveva detto, - ma non lo fa. Si dà il caso che a lui piace la mia testa. Dice che mi scoperà quando sarà tutto a posto, quando saremo più tranquilli... Chissà che cazzo ha in testa…»
«Il giardinaggio.» - risposi.
«Il giardinaggio?»
«Se aspetta che tutto vada a posto, può anche dedicarsi al giardinaggio. Passerà una vita…»

In un pomeriggio della seconda settimana di settembre io, mia moglie, mio figlio ed Eva ci trovavamo al Tee di partenza della Buca Sedici del Bay Shores Golf Club di Miami. Stavamo concludendo il percorso e mio figlio si apprestava a usare il driver della terzultima buca, un par quattro da 355 Yarde. Tirò il colpo per primo, seguito da noi. Poi proseguimmo con i nostri tiri finché non ci avvicinammo al green, dove presumibilmente mio figlio era arrivato con il primo colpo. La distanza, per quanto impossibile, era alla sua portata anche se sul green non si vedeva la pallina. Cercammo nei bunkers di sabbia, ma non c'era neanche lì. Guardando oltre il green, si vedeva il fairway della buca 17, il par tre dal quale Nathalie, agganciando il colpo, aveva colpito il parabrezza della mia auto un anno prima, sconvolgendo la vita di mezzo mondo. Mi avvicinai perché c'era un automobilista che stava discutendo animatamente con un giocatore di golf. La sua auto era stata colpita da una pallina.
«Dio mio. - Mormorai.
Poi, rivolto ai miei compagni, dissi: «Voi restate qui, vado io.»
Accompagnato da Cesare mi portai a vedere di chi fosse la pallina che aveva causato il danno. Mentre i due protestavano, affermando l'uno la propria innocenza e l'altro la sua colpevolezza, la raccolsi e mi resi conto che era proprio la pallina di mio figlio. Andai dai due litiganti e spiegai che purtroppo si trattava di un "mio" drive sparato dal Tee di partenza della Buca Sedici. Mi era sembrato giusto lasciar fuori mio figlio.
«Un drive da oltre 355 Yarde? - Chiese il presunto colpevole seccato. - Ma mi faccia il piacere e non si monti la testa!»
Poi passò a mettersi d'accordo col proprietario dell'auto danneggiata, portandolo alla segreteria del Golf per fare denuncia all'assicurazione circolo per il risarcimento del danno.

Mezz'ora dopo Cesare ci aveva portati a casa di Eva sulla Venetian Causeway. Per andare alla piscina, aprimmo le vetrate sulle quali Luciano aveva sbattuto più volte il naso. Dato che si recava ancora a casa Massari, avevano attaccato degli adesivi vistosi sui vetri delle porte scorrevoli per segnalarne la chiusura. Adesso i bambini nuotavano in piscina e accennarono appena un saluto guardandomi attraverso la maschera da sub. Su uno sgabello da bagnino, Geneviève stava seduta a controllare la situazione. Vedendoci, saltò a terra e ci venne incontro. Dopo un breve scambio di battute con Eva, la condussi sul pontile qualche metro più in là tenendole un braccio sulle spalle, mentre i miei si preparavano per fare il bagno con i padroni di casa. Cesare mi seguiva a debita distanza.
«Gène. - Dissi, girandola verso di me. I suoi occhiali la rendevano impenetrabile e incapace di qualsiasi emozione. - Sono dieci giorni che ti ho presentato Cesare. So che ti piace e so che tu piaci a lui.»
Per la prima e ultima volta, mi sorrise. Poi tornò seria e spostò lo sguardo verso Cesare che tradiva imbarazzo da tutte le parti. Lui, preparato da me, stava per aprire bocca e dirle finalmente qualcosa di importante, ma non riuscì in tempo.
Infatti, certo di farci la sorpresa dell'anno, Luciano Pedrini aveva deciso di farlo in modo devastante. Aveva preso la rincorsa ed era piombato a tutta velocità senza vedere gli adesivi sui vetri. Finalmente riuscì a fare la pompiera in piscina sollevando una montagna d'acqua come non s'era mai visto prima.
I vetri antisfondamento questa volta avevano ceduto.

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FINE