«L'arte di negoziare con i figli» – Di Nadia Clementi
Ne parliamo con gli esperti Giuseppe Maiolo e Giuliana Fanchini, autori del libro
Il servizio fotografico è stato realizzato alla presentazione del libro alla Erickson.
Il rapporto tra genitori e figli è oggi profondamente mutato: caduto il mito del padre padrone e della madre angelo del focolare.
La famiglia per cosi dire «tradizionale» non esiste più e le dinamiche tra genitori e figli, ma anche all’interno della stessa coppia genitoriale, sono radicalmente cambiate.
Sono cambiati le relazioni e il modo di stare insieme, è diverso il processo di crescita e di sviluppo e si è profondamente trasformata la convivenza tra congiunti, basti pensare alle famiglie allargate, a quelle monogenitoriali oppure alle coppie omosessuali.
In sostanza la struttura e la dinamica familiare hanno subìto nel corso degli ultimi vent’anni una radicale trasformazione e con essa l’educazione dei figli ha necessariamente bisogno di nuove prospettive e di riflessioni utili a trovare soluzioni adatte a far crescere gli adulti di domani.
E se cambiano le strutture, i rapporti e i legami, inevitabilmente, muta anche lo stile educativo.
Nell’epoca di internet, del continuo cambiamento sociale, delle trasformazioni ultradinamiche, un'educazione improntata su regole granitiche, genitori autoritari (o peggio ultrapermissivi) e litigate concluse con la perentoria frase «fai così perché lo dico io!», non sono più credibili.
Ed è in questo particolare contesto sociale e relazionale che si inserisce l’ultimo libro dello psicologo Giuseppe Maiolo e della moglie Giuliana Franchini, edito da Erickson a fine 2015, intitolato «L’arte di negoziare con i figli. Dal genitore bancomat al genitore competente».
Il professor Giuseppe Maiolo svolge da anni l’attività di psicoanalista, è stato professore incaricato di educazione alla sessualità e di counselling educativo presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bolzano e docente in diversi corsi di perfezionamento alla Facoltà Scienze dell’Educazione e della Formazione dell’Università di Firenze.
Da anni il lavoro del prof. Maiolo è dedicato alle tematiche dell’adolescenza e al lavoro di sensibilizzazione e prevenzione del disagio giovanile.
Oltre al lavoro clinico con adulti e adolescenti, svolge attività di consulenza psicologica presso enti pubblici e privati e come specialista in adolescenza, si occupa di disagio giovanile.
I nostri lettori lo conoscono perché periodicamente ci invia i suoi preziosi articoli che raccogliamo nella sua rubrica «Psiche e dintorni».
A settembre 2015 ha pubblicato, insieme alla moglie, un libro che consigliamo di leggere. Si intitola «L'arte di negoziare con i figli» ed è un trattato vero e proprio per coloro che vogliono imparare a fare bene i genitori.
Si tratta di un pratico strumento di aiuto per chi vuole intervenire nelle situazioni problematiche in famiglia avvalendosi della negoziazione come strumento educativo e di relazione con i figli.
Gli autori suggeriscono come sviluppare all'interno della famiglia un'abilità e un insieme di tecniche per migliorare la comunicazione e favorire la crescita e lo sviluppo reciproco.
A partire da alcune brevi narrazioni di situazioni conflittuali quotidiane, il libro fornisce indicazioni pratiche e strategiche per apprendere la tecnica della negoziazione, suggerendo chiavi di lettura del conflitto e possibili modalità di interazione costruttiva tra genitori e figli.
In occasione di un incontro pubblico presso la Sede del Centro Studi Erickson a Trento, abbiamo incontrato il prof. Maiolo e la moglie Giuliana Franchini e ne abbiamo parlato.
Saper negoziare con i figli vuol dire rinunciare a fornire regole e limiti?
«Per nulla. Anzi significa ribadire il valore e l’importanza delle regole una volta che vengono condivise. In effetti trovare un accordo attraverso la negoziazione con i figli è un modo per aiutare soprattutto gli adolescenti che si preparano ad entrare in società, a comprendere e accettare i limiti che ci sono nella vita e sapere che per raggiungere un obiettivo bisogna faticare, impegnarsi per trovare un’intesa e confrontarsi con pazienza sapendo mediare tra le nostre esigenze e quelle degli altri.»
Nella vostra lunga e profonda esperienza con adolescenti e famiglie come sono cambiati i rapporti familiari negli ultimi venti anni?
«La realtà in cui viviamo è profondamente diversa. Tutto è cambiato, quindi anche le relazioni in famiglia si sono modificate. La famiglia è più attenta ai bisogni affettivi dei figli, e i rapporti sono divenuti meno rigidi.
«Un tempo il modello educativo prevalente era quello autoritario e severo che è stato ampiamente sostituito da quello permissivo e iperprotettivo. Le relazioni quindi si sono modellate ormai più sui bisogni dei figli che vengono soddisfatti anticipatamente e non lasciano molto spazio allo sviluppo del desiderio.
«Così ad esempio gli adolescenti di oggi sembrano dominati dall’idea che tutto è possibile e raggiungibile senza particolare sforzo.
«Per questo pensiamo alla negoziazione come ad un processo educativo capace di stimolare il desiderio e valorizzare l'attesa.
«Negoziare insomma significa recede dalla propria onnipotenza infantile, trovare soluzioni operative a partire dal confronto con gli altri.»
Noi madri spesso tendiamo a fare paragoni con il passato (e così facevano le nostre mamme e le nostre nonne) tendendo a elogiare valori ed obbedienza delle generazioni passate. Come evitare questo trabocchetto della memoria e smetterla di fare paragoni con il passato?
«L’idea che in passato tutto funzionasse meglio e ci fossero più valori positivi appartiene un po’ a tutti gli adulti. Ai miei tempi si obbediva senza tanto discutere... è una frase che sentiamo ripeter spesso. In parte è vero: non c’era tanto spazio per la discussione con i genitori e in famiglia. Ma anche quello, a pensarci bene, non era propriamente un valore.
«Certo l’essere passati al parlamentino familiare dove si discute continuamente su tutto e poi nessuno prende una decisione, non ci ha fatto fare un grande passo in avanti.
«Molti adolescenti, a dispetto di quello che possono pensare gli adulti, lamentano proprio la mancanza di indicazioni e di decisonalità dei loro genitori.
«Non è raro sentirli dire vorrei tanto che i miei mi dicessero cosa devo o non devo fare!»
Sulla scena della società moderna fanno capolino nuovi paradigmi familiari, coppie omosessuali, single, famiglie allargate etc… In che modo possono tornare utili per calibrare l’educazione e le relazioni all’interno del nucleo familiare?
«Le nuove forme di famiglia, stretta, larga, lunga, arcobaleno o altro ancora, sono ormai una realtà da cui non si può prescindere quando si parla di sviluppo e crescita dei figli.
«A nostro avviso però non è tanto la forma familiare che conta, quanto le funzioni fondamentali che sono e rimangono quelle affettive ed educative che possono svilupparsi a partire da un progetto che la coppia genitoriale deve fare.
«Se manca questo ultimo, viene a mancare totalmente la funzione che è di cura e di sviluppo. Il problema caso mai è che oggi abbiamo sempre più necessità di prepararci a questi compiti.
«L’educazione dei figli non s’improvvisa, né vi sono manuali pronto uso che ci offrono risposte immediate.»
Nel libro si descrivono alcune tipologie di genitore, è possibile raccontarle brevemente? E qual è quella che avete incontrato più spesso?
«Ci siamo in un certo senso divertiti a individuare e descrivere alcune tipologie. Le più frequenti che abbiamo incontrato sono quelle dei genitori bancomat che offrono ai figli soddisfazioni immediate e senza fatica.
«Poi ci siamo spesso imbattuti nei genitori coniglio che hanno come atteggiamento prevalente l’ansia e la preoccupazione di tutto. Sembrano sempre impauriti per i loro figli. Li iperproteggono e li difendono da tutto e da tutti, facendo fare loro poche esperienze di autonomia.
«Oppure abbiamo incontrato anche genitori che spingono verso l’autonomia ma troppo esigenti e ipercritici propensi più a spiegare che a lasciar sbagliare.
«Li abbiamo chiamati gli Sherlock Holmes che non si accontentano mai a sufficienza di quello che fanno i figli.»
E quei genitori che fanno, gli amici?
«Ne abbiamo visti molti negli ultimi tempi e li abbiamo chiamati bonsai.
«Sono quelli che sembrano adulti e invece sono adultescenti, ovvero adulti ma più adolescenti che altro.
«Recitano con i loro figli la parte dei compagni e cercano di non scontrarsi mai con loro per paura di perdere di popolarità.»
Ma di genitori che sanno fare questo mestiere ce ne sono?
«Si certo! Sono quelli capaci di essere autorevoli e coerenti, in grado di aiutare i loro figli ad esprimere i loro pensieri e le loro risorse. Sono educativi nel senso che spendono energie per far emergere dai loro figli ciò che sono e non per mettere dentro i loro desideri.
«Li abbiamo chiamati i genitori ponte, perché sanno incontrare i figli a metà strada come su di un ponte, sanno venire incontro alle loro esigenze senza rinunciare ad essere normativi e trascurare l’importanza di definire regole e confini.
«Non danno tutto gratuitamente, ma chiedono ai figli di guadagnarsi le cose che desiderano. Sono capaci di accompagnarli, soprattutto in adolescenza, a diventare grandi e responsabili, autonomi e indipendenti.
«La dote che li contraddistingue è quella del saper negoziare, cioè trovare con loro soluzioni condivise.
«Educano con pazienza e perseveranza, non impongono le loro decisioni ma accettano con fiducia la mediazione e preparano l’adolescente a misurarsi con la realtà, le regole e le leggi richiedendone rispetto in modo responsabile e autentico.»
Nadia Clementi - [email protected]
Prof. Giuseppe Maiolo - [email protected] - www.officina-benessere.it