«Porfido bene comune»: cambiare è necessario
Martedì 22 settembre il convegno di Fillea del Trentino per discutere di criticità e riforme del settore
Il porfido è un bene comune e in quanto tale va tutelato e valorizzato per la comunità.
Parte da qui la riflessione proposta da Fillea Cgil del Trentino con il convegno dedicato ad uno dei comparti economici più critici del Trentino.
Di necessità del settore, rilancio e riforma normativa si discuterà il prossimo 22 settembre al Museo del Porfido di Albiano.
Il convegno avrà inizio alle 9 con la relazione del segretario provinciale della Fillea Maurizio Zabbeni.
Dunque una tavola rotonda che vedrà i contributi di Alessandro Olivi, assessore provinciale allo Sviluppo Economico, Silvio Avi, presidente della sezione porfido dell'Associazione artigiani, Rocco Cristofolini, vicepresidente Confindustria Trento e presidente sezione Porfido degli Industriali trentini, Salvatore Lo Baldo, segretario nazionale Fillea Cgil e Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte costituzionale e Giancarlo Tonini, presidente del Comitato paritetico nazionale lapidei.
«Abbiamo voluto coinvolgere esperti e addetti ai lavori per un momento di riflessione e dibattito sul settore – spiega Zabbeni -. Sarà l'occasione per ribadire le profonde criticità di cui soffre il porfido trentino e di individuare nel confronto le strade per innovare il comparto, partendo dal piano normativo. Servono riforme chiare che valorizzino e tutelino una volta e per tutte questa risorsa come bene comune. Non è più tempo di sfruttamento. Le ricadute sociali, lavorative e ambientali chiedono risposte urgenti.»
Secondo Fillea del Trentino sono tre gli ambiti su cui serve un immediato cambiamento: la gestione dei lotti estrattivi, la gestione commerciale dei lavorati e i controlli.
Per quanto riguarda il piano estrattivo «è indispensabile superare l'attuale frammentazione dei lotti. Oggi sono attive 86 concessioni. Troppe. Sarebbe opportuno creare un unico lotto, possibilmente gestito direttamente dalla Provincia», insiste il segretario della Fillea.
Altro nodo da sciogliere è quello della commercializzazione.
Le aziende estrattive si fanno concorrenza tra loro agendo unicamente sulla leva del prezzo.
«Il materiale viene venduto al massimo ribasso - spiega Zabbeni - e si recupera la marginalità perduta contenendo al massimo i costi, a cominciare da quello del lavoro. Una modalità che ha prodotto le storture che sono sotto gli occhi di tutti.»
Infine lo spinoso problema dei controlli su come e quanto le aziende concessionarie rispettino le norme.
«I controlli devono tornare in capo alla Provincia. I comuni, che assegnano le concessioni e che dovrebbero usare lo strumento della diffida o della revoca alle aziende irregolari hanno dimostrato di non essere all'altezza di questo compito. Siamo in presenza di un'evidente situazione di conflitto di interessi in numerose realtà. È molto spesso, quasi sempre, sono i lavoratori che pagano il prezzo dell'irregolarità. Per questa ragione è tempo di cambiare», conclude Zabbeni.