A proprio rischio e pericolo – Di Daniela Larentis
È bene non sottovalutare i rischi a cui ognuno è esposto giornalmente, minimizzando il pericolo insito in azioni poco rischiose ma che si ripetono spesso
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Un noto proverbio recita «chi non risica non rosica», ma osare non risulta essere sempre la mossa migliore, sia negli affari che in altre faccende.
Ci sono rischi e rischi, alcuni vale la pena correrli, altri decisamente no. Dovremmo a ogni modo temere maggiormente quelli connessi alla vita di ogni giorno, stando a quanto afferma un famoso scrittore statunitense, nonché professore di geografia all’UNCLA (fra i riconoscimenti ricevuti segnaliamo La National Medal of Science, il Premio Tyler per l’ambiente, il Premio Lewis Thomas che onora lo scienziato con il titolo di Poeta, attribuitogli dalla Rockefeller Univeristy), ornitologo e biologo, Jared Diamond.
Nell’interessante libro da lui scritto intitolato «Da te solo a tutto il mondo» (edito da Einaudi) viene spiegato come gli esperimenti naturali siano in grado di aiutarci a dare delle risposte ad alcuni dei grandi interrogativi delle scienze sociali.
Uno dei temi trattati nel libro riguarda i pericoli a cui ognuno, più o meno inconsapevolmente, va incontro giornalmente.
Noi tutti nella vita quotidiana percepiamo, valutandoli, tutta una serie di rischi, sopravvalutandone alcuni e sottovalutandone altri.
Il Capitolo quinto (a pag. 75) è interamente dedicato alla valutazione dei rischi.
Come l’autore avverte proprio nelle prime righe, verrà affrontata «la predisposizione, comune a noi tutti, a ignorare il pericolo insito in azioni di per sé poco rischiose ma che ripetiamo migliaia di volte» illustrando ciò che si può imparare dalle abitudini di «popoli tradizionali» come i neoguineani.
L’autore, quando era ancora molto giovane, era rimasto colpito particolarmente da un episodio verificatosi quando lui lavorava in Papua Nuova Guinea, appena ventottenne, avendo avuto l’occasione di osservare l’atteggiamento di questa popolazione nei confronti del pericolo.
«Ero convinto che le persone più anziane, come i miei genitori, si preoccupassero troppo, e che se qualcosa poteva forse far del male a loro, non avrebbe certo avuto conseguenze negative su un uomo giovane e forte come me.»
Un pensiero, potremmo aggiungere noi, comune a molti giovani, i quali sottovalutano l’esperienza dei propri genitori, non tenendone conto affatto.
Tornando all’aneddoto, egli si trovava all’epoca nella foresta neoguineana per studiare l’avifauna del luogo e, dovendo accamparsi per la notte, scelse una radura proprio sotto un enorme albero che scoprì essere morto.
Con grande stupore apprese che i suoi amici neoguineani non volevano affatto montare le tende sotto le fronde di quell’albero non più vivente e non ci fu verso di convincerli, loro si accamparono più in là, allo scoperto, poiché ritenevano pericoloso il posto scelto, mentre lui si stabilì dove aveva deciso, ritenendo che fosse un’esagerazione pensare che l’albero si sarebbe potuto schiantare durante il sonno.
L’albero era certamente morto, ma era grandissimo e non si sarebbe certo rovesciato proprio quella notte, lui si sentiva al sicuro!
Effettivamente non successe nulla e l’indomani lui pensò che i suoi amici fossero davvero paranoici, tuttavia col passare degli anni rivalutò l’accaduto alla luce della sua personale esperienza.
Ogni volta che si era infatti poi trovato a trascorrere la notte in Nuova Guinea, durante le successive osservazioni, aveva avvertito il tonfo di qualche albero morto che si era abbattuto sul suolo, da qualche parte, giungendo alla conclusione che i neoguineani che aveva conosciuto durante la sua prima esperienza avevano avuto ragione a essere prudenti.
(Pag 77): «A un certo punto ho cominciato a riflettere su questo rumore sinistro e un bel giorno ho fatto due conti. Poniamo di avere la brutta abitudine di dormire sotto gli alberi morti e che la probabilità che un albero morto ci cada addosso mentre dormiamo sia una su mille.
«Nel giro di tre anni, o 1065 notti, è praticamente certo che saremo morti anche noi schiacciati da un albero. I neoguineani che nella foresta ci dormono sempre hanno imparato a non accamparsi sotto gli alberi morti. E lo hanno imparato grazie a quanti hanno invece commesso questo fatale errore d’imprudenza…»
Spiega qualche riga dopo: «Oggi non penso più che si tratti di semplice paranoia, ma di quella che mi piace chiamare paranoia costruttiva».
«Con questa espressione intendo una forma di prudenza magari estrema ma non esagerata, semmai appropriata. Ed è la lezione più importante che ho appreso nel corso degli anni trascorsi in Papua Nuova Guinea.
«In altre parole, è l’atteggiamento da tenere verso un preciso tipo di pericolo: il rischio cumulativo insito nella ripetizione di qualche cosa che, compiuto una sola volta, presenta una bassa soglia di pericolosità, ma reiterato molte volte può finire per uccidere.»
Essere prudenti è quasi sempre la scelta migliore sia in luoghi lontani come la Papua Guinea sia qui da noi, anche se i pericoli da affrontare nel primo caso sono soprattutto legati all’ambiente, mentre nella nostra società si affrontano rischi di altra natura, legati alla vita che conduciamo.
Quelli che affrontiamo noi sono pericoli moderni, legati spesso alla salute. Succede che si sottovalutino determinati pericoli, quelli su cui crediamo di avere il controllo, come per esempio quelli legati all’uso delle automobili, al fumo, all’alcol, e se ne ingigantiscano altri, nei confronti dei quali ci si sente impotenti.
Jared Diamond termina il capitolo sottolineando quanto segue: «I miei amici di Papua Guinea non smettono certo di accamparsi nella foresta, stanno solo attenti a non mettersi ai piedi dell’albero sbagliato».
«In modo analogo, io non smetto di farmi la doccia. Anzi, la faccio tutti i giorni. Però sto attento e mi muovo con prudenza. E mi preoccupo di più sotto la doccia, sulle scale o in macchina, che dei terroristi, degli incidenti nucleari o degli organismi geneticamente modificati. Ecco la lezione di vita più grande che ho imparato lavorando in Papua Nuova Guinea. E sono convinto che possa essere utile anche a voi tutti.»
E chi lo sa, è questione di punti di vista, in fondo.
Ci sarà sicuramente anche qualcuno pronto a giurare di preoccuparsi maggiormente all’idea di un attacco terroristico piuttosto che di uno scivolone sul piatto-doccia di casa…
Daniela Larentis – [email protected]