«L’Acqua brucia», mostra di Mara Fabbro – Di Daniela Larentis

Inaugurata venerdì 23 gennaio a Palazzo Thun, Torre Mirana, sarà aperta al pubblico fino all’8 febbraio 2015

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«L’acqua che brucia» è il titolo della mostra della pittrice friulana Mara Fabbro, a cura di Giovanni Granzotto, inaugurata venerdì 23 gennaio alla presenza dell’Assessore alla cultura Andrea Robol e al presidente del Fogolar Furlan di Trento Daniele Bornancin (foto a pié di pagina), nell’incantevole location di Palazzo Thun, Torre Mirana.
Una personale che rimarrà aperta al pubblico fino all’8 febbraio 2015, il cui tema è come svela il titolo quello dell’acqua.
Percorrendo Sala Thun e Cantine i quadri suggeriscono attraverso la loro bellezza l’importanza di questo elemento, risorsa naturale essenziale per la vita di tutti noi, visto che quella di ogni essere vivente dipende dall’acqua.



Già gli antichi avevano capito quanto fosse vitale, tanto che le antiche civiltà si svilupparono proprio attorno ai grandi fiumi.
Senza di lei non ci sarebbe la vita, ma le sue inondazioni sono anche causa di morte.
È la stessa Fabbro che nella sua introduzione fa riferimento agli tsunami. L’acqua è limpida, umile, si adatta al terreno su cui scorre e scava anche la roccia più dura.
A questo abbiamo pensato visitando la mostra, meditando anche sul fatto che essa è anche causa di conflitti scatenati spesso per cause ad essa legate.
Alla fine della visita, commentata dalla stessa artista, la quale ci ha spiegato ciò che attraverso le sue opere ha valuto trasmettere, prima di lasciare le meravigliose sale di Palazzo Thun le abbiamo posto alcune domande.



Quando è nata la passione per la pittura?
«Credo di averla sempre avuta, me ne sono resa conto più avanti nel tempo. Prima di passare a questa tecnica, lavoro su questo tipo di impasto da una quindicina d’anni, dipingevo a olio. Ora utilizzo solo acrilico.»

Come mai ha preferito questa tecnica a quella più tradizionale dell’olio?
«Cerco la materia, mi piace utilizzare tanto materiale. L’olio non è molto adatto al lavoro che sto facendo, in quanto fa molta fatica ad asciugarsi, di conseguenza quando lo usavo dovevo aspettare per continuare il lavoro.
«Poi ho iniziato a mischiarlo alla materia e infine ho smesso di usarlo. Ho perfezionato la tecnica un po’ alla volta, dopo una lunga ricerca personale.»

Cosa cerca di comunicare principalmente con l’uso di questa tecnica?
«Innanzitutto cerco di esprimere vitalità, vorrei che l’effetto finale fosse ottenere un quadro vivo, che vibra.
«Quello che cerco di fare è di creare un quadro che non stanchi al primo sguardo, ma che possa trasmettere qualcosa di più profondo.»

Ci sono artisti che hanno influenzato il suo lavoro o che le piacciono particolarmente?
«Mi piacciono tutti gli artisti che hanno utilizzato la materia. Nel Novecento ce ne sono stati tanti. Ne nomino solo uno: Burri.
«Poi Capogrossi, Valle. Nomi a parte, gli artisti che preferisco sono quelli le cui opere mi fanno sognare.
«Come dicevo prima, ed è quello che cerco di fare io, un quadro non deve stancare al primo sguardo.»



Quali sono i soggetti da cui trae maggior ispirazione?
«Sicuramente la natura.»

Rispondendo in maniera molto sintetica, che messaggio vuole trasmettere attraverso le sue opere?
«Cerco di trasmettere un messaggio positivo.»

Artisti si nasce o si diventa?
«Credo che si nasca, magari poi lo si scopre nel tempo. Si deve avere una certa sensibilità artistica che poi va stimolata.»

Progetti futuri e sogni nel cassetto?
«Una mostra importante appena conclusa con successo è quella di Conegliano, la stessa proposta qui a Trento. Ci sarà poi una mostra per me molto importante, curata da Giovanni Granzotto, vicino al mio paese.
«A breve una prossima esposizione a New York dove il mio curatore aprirà una galleria.
«Ci sarà in quell’occasione l’inaugurazione la presentazione di vari artisti, poi il sogno nel cassetto è proprio una personale a New York, nel futuro.»

Daniela Larentis – [email protected]