La mostra sui Laogai Cinesi all’Istituto Vittoria di Trento
I «Laogai» sono campi di concentramento e lavoro forzato, prigioni (jianyu), ospedali psichiatrici (ankang) – Recensione di Massimo Parolini
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Tempo di Giornate della Memoria e del Ricordo: affinché non si dimentichi, per diffondere la conoscenze dell’orrore tra le nuove generazioni, etc.
Film, dibattiti, convegni, articoli, libri. E poi?
Il presente va avanti e , come ci ricorda S. Agostino, il presente è già trapassato nel passato e il futuro è già presente.
Il rischio è che le due giornate diventino un rito assolutorio delle coscienze dell’Occidente liberale attuale e che poi, passate le cerimonie si abbassi la guardia, in attesa di altri 27 gennaio e 10 febbraio.
E l’attualità? La discriminazione, i totalitarismi, le disuguaglianze sociali, le censure, i crimini di Stato, sono oggi un mero ricordo?
Gli ultimi campi di concentramento sono stati i Gulag di Stalin chiusi negli anni Novanta del secolo ormai trascorso?
A farci aprire gli occhi (a giovani ed adulti) ci ha pensato un piccolo gruppo di giovani: Andrea Giovanazzi, Alberto Raffaelli, Roberto Chemotti dell’Associazione «La Torre» di Volano, che hanno allestito e stanno prestando gratuitamente ai vari istituti scolastici (ed enti) che la richiedono una mostra itinerante sui «Laogai» cinesi, campi di concentramento e lavoro forzato, prigioni (jianyu), ospedali psichiatrici (ankang), etc, termine che in italiano possiamo tradurre con «riforma-rieducazione attraverso il lavoro» (laojiao).
Una ventina di pannelli che raccontano l’oggi dei campi di rieducazione dello Stato etico del Dragone, di fronte al quale ci inchiniamo perché immenso mercato aperto ai nostri prodotti e alle nostre ditte, ma nel qual, oltre all’apertura dei mercati l’Occidente non ha il coraggio e la forza di imporre anche la globalizzazione delle libertà e dei diritti.
L’Associazione La Torre ha organizzato questa mostra in collaborazione con la Laogai Research Foundation Italia (presieduta da Toni Brandi), un ramo dell’omonima associazione fondata a Washington dall’ex internato Harry Wu (presente al Teatro sociale di Trento l’11 novembre scorso a fianco del governatore Dellai e dei presidenti nazionali di Confartigianato Guerrini e Coldiretti Marini), vittima per 19 anni dei Laogai per aver criticato, ai tempi dell’Università, con un amico, l’invasione sovietica di Budapest del 1956.
Tale associazione promuove una campagna di sensibilizzazione sui Laogai, dove sono impiegati al lavoro forzato milioni di cinesi (oltre ai delinquenti comuni, vi sono dissidenti politici e d’opinione, tra cui sacerdoti e vescovi cattolici, monaci tibetani, donne, bambini, asociali) che generano un reddito enorme (milioni di dollari) a costo zero, a vantaggio del regime comunista-capitalista cinese (strano ibrido) e di varie imprese commerciali che producono o investono in Cina.
Spesso i laogai hanno due nomi: uno come prigione, uno come impresa, per stabilire rapporti con partner commerciali come una qualsiasi società di capitali.
D’altronde la legge cinese indica chiaramente che il laogai deve «servire alla costruzione economica dello Stato» e «creare ricchezza per la società».
«Le strutture dei Laogai sono sia strumenti per la dittatura, sia speciali attività d’impresa».
Le merci prodotte col lavoro forzato sono vendute illegalmente sul mercato internazionale.
La «Laogai Research Foundation» di Harry Wu ha identificato molti di questi prodotti in vendita negli USA e dal 1991 ad oggi le autorità statunitensi hanno attuato ventisei confische in proposito.
In realtà, formalmente, dopo le proteste internazionali, il commercio dei prodotti dei Laogai risulta illegale anche in Cina (anche per i trattati stipulati tra USA e Cina in tal senso).
L’azione della Fondazione di Harry Wu è stata determinante per far approvare anche nei Parlamenti tedesco (maggio 2007) e italiano (ottobre 2007) una risoluzione contro i Laogai e le violazioni dei diritti umani in Cina: in tal senso la Fondazione ha presentato al Parlamento italiano una proposta di legge (n. 3887) contro il commercio dei prodotti del lavoro forzato.
Ma tant’è… Si sa: la Cina traina il mercato mondiale, assorbe i deficit degli Stati (il 20% del di quello Spagnolo, 1.152 miliardi di dollari di debito Usa, circa l’8% del totale) si è appena comprata metà isola del Madagascar (di cui sfrutta da anni le miniere di ferro), continua a comprare anche in Italia piccole-medie imprese e attività commerciali (anche in Trentino) e ora è impegnata nel «land grabbing», «accaparramento di terreni», nella forma dell’affitto (sovente a prezzi stracciati) o dell’acquisto, una pratica già condannata dalla Fao per le conseguenze spesso negative che comporta all’autonomia degli approvvigionamenti agroalimentari e allo sviluppo dei paesi arretrati.
Tale caccia grossa ai grandi terreni agricoli di tutto il mondo, nasconde una «grande paura» diventata «grande necessità»: garantire l’alimentazione della popolazione cinese anche in caso di iperinflazione e crisi dei raccolti e garantire l’aumento costante del fabbisogno alimentare di tale popolazione che col decollo industriale ha spesso duplicato o triplicato la propria dieta annua (si prevede un +40% di fabbisogno globale di cereali entro i prossimi 15 anni).
Ciò a fronte della crisi finanziaria internazionale, del calo della disponibilità alimentare, dell’aumento dei prezzi seguito all’impennata del costo del petrolio, della crescita dei terreni utilizzati per la produzione di biocarburanti, del calo delle risorse idriche.
Questa Cina non usa mezzi toni con l’Occidente. In una recente intervista ad un quotidiano trentino, un brillante studente cinese dell’Università di Trento, dopo aver invitato le imprese trentine a investire nel mercato del suo Stato ha invitato a mettere da parte i principi illuministi occidentali, e a rispettare le tradizioni e il sentire comune di un immenso Paese radicalmente diverso.
Insomma, globalizziamo le merci, ma non le libertà e i diritti.
La mostra sui Laogai è ora ospitata all’Istituto delle arti di Trento e Rovereto presso l’istituto «Vittoria» di Trento (in via Zambra 3), dopo essere stata esposta nella Sala di Rappresentanza della Regione, al consiglio comunale di Volano e all’Istituto d’istruzione «Martino Martini» di Mezzolombardo.
Gli studenti del Vittoria sono rimasti particolarmente colpiti da tale realtà, prendendo coscienza di un fenomeno –purtroppo – ancora semisconosciuto.
In primavera l’istituto d’arte proporrà una conferenza di Toni Brandi (presidente della Fondazione Loagai italiana) sul commercio degli organi dei condannati a morte nei Laogai cinesi.
Le scuole sono sicuramente il luogo privilegiato dove veicolare la conoscenza di tale realtà, anche in periodi lontani dalle giornate delle Memorie.
I giovani dell’Associazione «La Torre» hanno una lista d’attesa di Istituti comprensivi e superiori che hanno prenotato la mostra.
È un seme. Ma, come ci ricorda Rodari nella canzone Ci vuole un fiore (cantata da Sergio Endrigo), «per fare l’ albero ci vuole il seme», anche per l’albero della libertà.
Massimo Parolini
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