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Trentino Rock, dagli anni '60 a oggi/ 11 – La Pietra Filosofale

«La Pietra Filosofale». Gli idoli di un’intera generazione ribelle. Una delle più grandi e popolari band della nostra regione

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«Non abbiamo mai ceduto a nessun compromesso, volevamo suonare solo la
nostra musica che per noi voleva dire comunicare con tutti.» 

La «Pietra filosofale» nasce nel Marzo del 1970 dopo alcuni piccoli assestamenti e cambiamenti all’interno del proprio organico.
Questa Band sarà per sempre associata al nome dei fratelli Smadelli. Guido, il leader storico ritenuto da tutti un vero genio musicale, e Maurizio, fine e pignolo esecutore e grande musicista.
Insieme a loro, il gruppo storico comprende il grande Alcide Plotegher alla voce, Dino Rossi alla chitarra e Gastone (Gas) Baldessarini alla batteria.
Sono ispirati dal nuovo genere pop che sconfinerà in tutto il mondo per tutto il decennio.

  
Gastone, Maurizio Smadelli, Flavio Tomasi, Dino Rossi, Guido Smadelli e Alcide.
  
Sono i momenti in cui i Beatles chiudono la loro avventura e in cui nascono i complessi di seconda generazione. I Genesis, i Jethro Tull, i Black Sabbath, i King Crimson, i primi Deep Purple, ma anche i Newtrolls o Emerson Lake & Palmer, erano la prova vivente che anche la musica rock si andava evolvendo rapidamente.
Come dimenticare il primo contrappunto di flauto di Ian Anderson? Le atmosfere oniriche di Peter Gabriel? La genialità abissale di Bob Fripp? Il moog da sballo di Lucky man?
 
I nostri ragazzi della Pietra si muovono in quella generazione musicale.
Il loro Leader carismatico Guido Smadelli li guida con la sicurezza di un condottiero silenzioso con un unico obbiettivo, conquistare il successo suonando e proponendo la musica che comporranno loro stessi.
Comincia così un'avventura che entrerà nella storia della musica Trentina, non solo degli Anni 70 ma di tutto il mezzo secolo che stiamo raccontando.
La Pietra Filosofale (o La Pietra, come veniva più semplicemente chiamata dai fans) è tuttora riconosciuta come una delle più grandi e popolari rock Band della nostra regione.
 
Qualsiasi riferimento storico musicale passa attraverso le loro pagine musicali, le loro grandi interpretazioni, il loro modo di proporsi, di vestire, di essere anticonformisti.
Idoli di una intera generazione hanno ispirato molti musicisti che si sono identificati nella loro musica, nelle loro innovazioni.
Ma questo incredibile percorso è anche una storia piena di tormenti, di momenti drammatici, improvvisi abbandoni e tristezze senza fine. 
Dopo numerosi concerti in tutta Italia (famoso quello con Gianni Pettenati), la Pietra Filosofale affronta un primo momento di difficoltà.
Il 19 Settembre 1970, dopo soli 6 mesi dall’inizio dell’avventura, Alcide Plotegher decide di abbandonare il gruppo la sera prima di un importantissimo concerto a Trento.
È un dramma. Ma, dimostrando subito una tenacia d’altri tempi, la band non si deprime, reagisce e riparte.
In poche ore viene individuato in Francesco De Gregorio il sostituto ideale. Comincia la più lunga notte della Pietra Filosofale.
 
  

«Con Francesco De Gregorio dovemmo provare i pezzi tutta la notte, – rammenta Maurizio Smadelli. – Ricordo che quella lunga notte eravamo così impegnati nel provare che bruciammo 4 moke di caffè.»
Ma proprio in quella lunga notte arrivò un’altra notizia drammatica, la morte di Jimmy Hendrix!
«Dovevamo per forza preparare una canzone di Hendrix, – ci racconta sorridendo Guido Smadelli. – Sarebbe stato il nostro modo di dirgli addio durante il concerto dell’indomani.»
Gli sforzi dei nostri amici e la grande tristezza nel cuore per la morte di Hendrix rendono il concerto del 19 Settembre al teatro San Pietro un momento indimenticabile che rimarrà una pietra miliare nella storia della musica di quegli anni.
 
Nel 1972, Alcide Plotegher (foto sopra) ritorna con la Pietra Filosofale e inizia quel cambiamento che porterà il gruppo a proporre – e soprattutto comporre – musica propria.
Da lì a un anno la band comincerà l’importante collaborazione con Carlo Alberto Rossi della Fonorama e inizierà a incidere per la Editori Associati di Milano.
Nel frattempo le occasioni di suonare non mancano di certo, i concerti del gruppo sono intervallati anche da due importanti partecipazioni ai festival di Travagliato e di Este.
«Sembrava andare tutto bene, – ricorda Guido Smadelli. – Eravamo consapevoli che forse eravamo saliti sul treno giusto.»
 
Ma la corsa di quel treno termina tragicamente una maledetta giornata di primavera del 1973. Riguarda ancora Alcide Plotegher (foto sotto), ma stavolta è più di un dramma.
Alcide, ormai Al per tutti, si era sottoposto a una semplice operazione di appendicite. Era il 12 maggio 1973.
Alle ore 12.00 di quel lunedì, arriva a casa dei Fratelli Smadelli una telefonata inaspettata.
Un filo di voce triste e spezzata da una terribile notizia.
«È morto Alcide Plotegher.»
 
«Io e mio fratello ci guardammo negli occhi, – ricorda ancora oggi emozionato Maurizio Smadelli. – Non riuscivamo a proferire parola, sentivamo un misto di dolore, imbarazzo, incredulità, sofferenza, impotenza…»
«Solo dopo molto tempo – aggiunge Guido Smadelli – abbiamo messo a fuoco quello che era successo. Il funerale fu ancora più straziante e commovente, eravamo tutti storditi.»
  
Dopo essersi ricostruito moralmente, il gruppo ricomincia faticosamente con il nuovo cantante Flavio Tomasi.
Ma si capisce subito che è cambiato qualcosa.
«La verità è che la morte di Alcide Plotegher decretò la fine della Pietra Filosofale, – afferma Maurizio Smadelli. – Noi cinque eravamo come 5 pilastri di una casa ed è normale che venendone a mancare uno mancassero stabilità, equilibrio, sicurezza. Eravamo cinque grandi amici molto legati fra di noi.»
 
Dopo alterne fortune e cambi di formazione la storia della Pietra Filosofale finisce il 24 Gennaio 1975 dopo una confronto drammatico fra i protagonisti della band.
I fratelli Smadelli per qualche anno continueranno a suonare prima con i Tuborg dove incidono il bellissimo LP «La terra di Ras» e poi con varie formazioni.
Smetteranno con la musica alla fine degli anni 70 e di loro, musicalmente insieme, se ne perderanno per sempre le tracce.
Dino Rossi alternerà esperienze imprenditoriali a quelle musicali dopo il trasferimento in Grecia.
Gastone Baldessarini invece continuerà la carriera con Goran Kuzminac e altri musicisti di successo.
 
Incontriamo i fratelli Smadelli e dopo molti anni siamo davvero felici di rivederli.
Il segno del tempo ha leggermente scavato i loro visi, i loro caratteri piuttosto discreti e introversi sono rimasti gli stessi.
Quando cominciamo a parlare con loro ci accorgiamo subito che il loro carisma è rimasto quello di 40 anni prima.

Cosa vi è rimasto dentro di quel meraviglioso periodo musicale?
«Ogni esperienza della vita credo sia unica, – risponde Guido Smadelli. – Di quel tempo ho solo bellissimi ricordi. Ma sono anche consapevole che la ruota della vita giri in continuazione e quindi dobbiamo tutti andare avanti.
«Il mio augurio è che i giovani di adesso possano provare quelle esperienze di vita uniche che io ho provato vivendo e suonando in quello storico periodo, anche se temo che forse sarà difficile.»
 
Quella grande esperienza musicale vi è poi servita nella vita di tutti i giorni?
«Senza dubbio è stata decisiva, – risponde Maurizio Smadelli. – Sono sicuro che questi percorsi poi nella vita ti danno una marcia in più. Per me è rimasta un’esperienza indimenticabile dalla quale ho tratto insegnamenti di vita importanti come l’amicizia, il rispetto delle idee altrui, la volontà e il sacrificio.
«Vivo tuttora i ricordi di quei momenti con molta discrezione, sono molto geloso di quei ricordi: per me sono quasi un segreto che porto nella mia anima e dei quali non parlo volentieri.»
 
Cosa vi ha insegnato la musica?
«Mi ha insegnato a rispettare gli impegni presi, – spiega Guido Smadelli. – La tenacia nello studio, a superare tutti gli ostacoli della vita, ma soprattutto che chi ha un’idea deve portarla sempre e dovunque fino in fondo seguendo il proprio istinto e la propria creatività.»
 
Oggi tutto è cambiato, sono molte le differenze della musica di oggi da quella di allora?
«Immensamente diverse, – risponde Guido. – Allora i testi si adeguavano alle problematiche sociali, erano come una forma di coscienza legata ai problemi di tutto il mondo a cui non si poteva rinunciare. Allora ogni cosa che facevi era nuova, suonare una canzone voleva dire comunicare, e se quelle note e parole facevano riflettere qualcuno, avevi ottenuto il successo che cercavi.
«Oggi invece, – continua – la canzone piace se il video che la presenta è carino. I bombardamenti mediatici continui ci costringono ad essere prevenuti su prodotti musicali che magari invece potrebbero essere interessanti.
«Negli anni ’70 esistevano tre tipi di musica. – Prosegue nella sua lectio magistralis. – Quella colta, quella leggera e quella impegnata. Oggi vedo un appiattimento preoccupante.»
«Un altro fenomeno che noto, – aggiunge Maurizio Smadelli – soprattutto nei musicisti giovani, è il protagonismo. Io penso che si dovrebbe tornare alla semplicità lavorando più sulla coesione del gruppo che sul singolo.»
 
I vostri figli conoscono l’importanza che avete avuto per la musica trentina?
«I miei figli ogni tanto mi chiedono qualcosa, – sorride Maurizio. – Ma io non parlo volentieri di queste cose, come ho detto sono molto geloso dei miei ricordi e mi limito a sorridere quando li vedo guardare le mie foto.
«Le mie figlie invece – risponde Guido – hanno seguito le orme del padre. Irene suona il violino e Chiara il pianoforte. La loro è stata una scelta libera che ovviamente mi ha reso orgoglioso e felice.»
 
 
Guido de Maurizio Smadelli
 
Avete dei consigli da dare ai giovani musicisti che intendono iniziare a suonare qualche strumento?
«Suonare senza mai fermarsi, non demoralizzarsi mai, non ascoltare mai i giudici di nessuno.» – Risponde Maurizio.
«Ascoltare molta musica e soprattutto di tutti i tipi, – dice invece Guido. – Non seguire le mode e fare sempre di testa propria.»
 
Avete qualche aneddoto particolare da raccontare ai nostri lettori legato a quel periodo?
«Allora ogni giorno non era mai come il precedente, si viveva alla giornata, – ci confida Guido Smadelli. – Ma ricordo con simpatia quando in Sicilia facemmo una tale scorpacciata di more da farci star male. Oppure quando in una tournée in giro per tutta Italia, senza una lira ci nutrivamo solo con una enorme anguria al giorno.
«Al Teatro Alcione di Genova invece mi presi una bella soddisfazione. Dopo l’inizio del nostro primo pezzo (Incubo, di Alice Cooper) cominciarono i fischi, allora decisi di dire quello che pensavo e dedicai quella canzone alle persone ignoranti e prevenute che stavano giudicando ancora prima di sentirci suonare. Successe il finimondo, ma poi però alla fine del concerto arrivarono tanti applausi e perfino qualche scusa.»
 
La morte di Alcide Plotegher ha inciso molto sul vostro percorso musicale?
«Abbiamo perso un grande amico, – risponde Maurizio Smadelli. – Fra di noi si divideva tutto, eravamo come fratelli. Improvvisamene abbiamo perso una colonna, normale quindi che sia caduto tutto. Alcide era un vero animale da palcoscenico con un’estensione di voce unica nel suo genere. Era un trascinatore per tutti noi. Dopo di lui non valeva più la pena andare avanti, senza di lui è stato tutto diverso.»
 
 
Gastone Baldessarini e Dino Rossi
 
Dopo questa risposta anche il viso e il tono di voce di Maurizio Smadelli cambiano. L’ex tastierista diventa triste e riflessivo, alcune lacrime scendono sulle sue guancie. L'abbiamo visto spesso in questa nostra storia.
Forse adesso più di allora Maurizio capisce come sarebbe stato bello continuare con lui ancora per mille concerti, oppure ritrovarsi dopo molti anni a brindare e ricordare quei tempi meravigliosi.
Insieme ad Alcide Plotegher, quel maledetto 13 Maggio era morto anche qualcosa dentro di loro, comunque avevano perso qualcosa che non sono più riusciti a ritrovare.
 
Guido Smadelli a riguardo infatti dice così.
«La morte di Alcide ha troncato un percorso di crescita musicale che avrebbe portato da li a poco all’inserimento nel mondo musicale Italiano la Pietra Filosofale.»
La morte di Alcide, che allora aveva destato molto stupore e polemiche, rimane ancora tuttora avvolta dal mistero.
Le versioni a tale riguardo furono molte e disparate. L’unica cosa certa è che la morte di questo grande cantante ha decretato la fine della Pietra.
 
Ma il ricordo di questo splendido gruppo e di Guido e Maurizio Smadelli è ancora molto vivo in tanti musicisti (e non) della nostra regione.
Loro sono arrivati sempre prima di tutti; nel proporre la loro musica, nel modo di comportarsi, nel non voler mai scendere a compromessi con nessuno.
Il loro carattere, a volte schivo, introverso e silenzioso, li ha resi ancora più carismatici.
Rispondendo alle nostre domande sono emerse le loro timidezze e la loro discrezione, ma anche la loro sottile ironia e la loro serenità.
 
Ed è stato bello quando prima di salutarci ci hanno regalato con affetto tre Cd, dove è incisa la loro musica di quei tempi.
Saliamo in macchina, inseriamo il primo Cd. Sentiamo le prime note e capiamo subito come quella musica sia ancora attuale adesso.
Improvvisamente viviamo un momento di nostalgia che ci dice che tutto ciò che abbiamo vissuto, che abbiamo amato, che abbiamo coltivato nel passato, non tornerà più. È come non ci appartenesse più…
 
Roberto Conci
r.conci@ladigetto.it
 
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 Stavolta desidera aggiungere qualcosa anche il nostro direttore  
 
All'inizio degli anni Settanta muovevo i primi passi nel marketing, nella comunicazione, nel giornalismo, nella pubblicità, nella fotografia, nel teatro, nel cinema, negli spettacoli, nella musica.
In quelli che furono i favolosi anni della mia vita, in cui impostai quello che adesso sto cercando di restituire ai miei lettori, iniziai a scrivere per il giornale l’Adige proprio sulla musica Pop.
Girai l’alta Italia a intervistare i complessi più famosi di allora. Peter Gabriel, Emerson, Ian Anderson… Anch’io andavo in trip ad ascoltare i Pink Floyd, andavo di testa a sentire i King Crimson, in estasi a sentire la burée...
 
Incontrai quelli della Pietra per caso, proprio iniziando a scrivere, e mi accorsi subito che loro avrebbero fatto strada.
Non c’era un loro spettacolo che non venisse riportato da me sulle colonne dell’Adige. L’allora direttore del giornale Rino Perego mi domandava ogni volta se aveva senso parlare di quei ragazzi…
Io non sapevo cosa rispondergli. Ma lui sapeva che non dovevo dargli una risposta. Dovevo solo fare il mio lavoro.
 
Un giorno la Rai di Trento mi chiamò e mi chiese se volevo fare una serie di trasmissioni sui complessi musicali del Trentino. Risposi entusiasta di sì.
Dovevano essere proprio altri tempi, perché la Rai mi mise a disposizione la propria sala audio per registrare i complessi di cui parlavo…
Riuscii a riesumare i Britanni, che si rimisero insieme apposta a suonare per la Rai. Registrai 13 complessi e finii il ciclo di trasmissioni proprio con la Pietra Filosofale.
Pochi giorni prima che andasse in onda la loro trasmissione, Alcide Plotegher morì. Disperato dal punto di vista umano, dovetti decidere cosa fare e mi domandai se fosse il caso di rifare il testo della puntata o lasciarlo così.
Mi fu d’aiuto Enzo Merz, che mi suggerì di lasciare tutto come se Al fosse ancora vivo, aggiungendo la frasetta «Questa trasmissione è dedicata ad Alcide e a tutti coloro che lo amavano».
 
Al funerale scrissi io l’orazione funebre per Alcide, riallacciandomi all’ultimo pezzo scritto da Guido Smadelli, che sembrava che avesse sentito l’avvicinarsi della fine del loro cantante.
Una ritmica lenta e inesorabile, un sound sempre più imperioso e montante, un basso (Guido) che segnava di rosso il colore pesante della musica. Ricordai Al che in sala di incisione cantava al Cielo la protesta, sostenuta dalla sua gioia di essere.
Lo riascoltai angosciato mentre andava in onda il giorno del funerale.
Feci leggere l'orazione a Piera Gasperi. E piansi, come tutti gli altri, guardando il Cielo al quale Alcide dedicava felicemente la sua ultima protesta.
Perego non mi chiese più perché scrivevo di quei ragazzi.
 
Io e Guido Smadelli eravamo molto vicini e forse capimmo subito entrambi che era finita.
Io non misi mai la parola Fine, ma a volte non occorre attendere i titoli di coda per alzarsi e lasciare la sala cinematografica.
 
Non sono riuscito a incontrare Guido Smadelli in occasione di questa puntata della musica rock del Trentino scritta dall’amico Roberto Conci.
Ma lo incontrerò, statene sicuri. Io non ho mai messo la parola Fine.
E anche se la gente lascia la sala prima, noi sappiamo che al termine appare comunque sempre anche la scritta Fine.
Dobbiamo fare in fretta.
Farò in modo che la Rai di Trento metta a disposizione i nastri di quelle trasmissioni.
Youtube non può attendere. E i Trentini neanche.
 
Guido de Mozzi
g.demozzi@ladigetto.it
 

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