Guido De Filippo, «La vicenda del dottor Gracilini»

Il pianeta Sanità al centro di un romanzo originale e intrigante: verità imbarazzanti, pazienti creduloni, politici maneggioni, e tanto altro nell'intervista di Luciana Grillo

Titolo: La vicenda del dottor Gracilini
Autore: Guido De Filippo
 
Editore: Europa Edizioni 2020
Genere: Letteratura contemporanea
 
Pagine: 228, Brossura
Prezzo di copertina: € 13,90
 
L’autore di questo romanzo è un medico che si dedica alla pittura e alla scrittura: l’ho incontrato mentre esponeva i suoi dipinti e ascoltava il giudizio lusinghiero di Vittorio Sgarbi sulle sue opere; l’ho ritrovato autore di un testo che mette insieme le sue passioni: la buona medicina, la buona scrittura e le buone arti figurative.
Sono sue le vignette che accompagnano lo svolgersi degli eventi, sono chiaramente esplicative, condite con un po’ di ironia e qualche volta con un tocco di malinconia.
 
Il protagonista è «il mite Armandino» Gracilini, assunto all’«ospedale di San Carlino… l’orgoglio del paese», che fin dal primo giorno gli sembra molto diverso da ciò che aveva immaginato.
Di pagina in pagina, De Filippo ci fa capire la delusione di Armandino, il cui entusiasmo andava scemando via via che si rendeva conto che negli ospedaletti spesso i reparti erano «ritagliati su misura per gli amici degli amici».
Gracilini non perde la speranza di poter lavorare in un ospedale «vero», si trova medico militare nei momenti drammatici del terremoto del Friuli e arriva in elicottero sul monte Cermis, dove il crollo della funivia aveva provocato un gran numero di vittime.
 
«Gracilini cominciò a vagare tra i corpi, cercando un movimento, un segnale che lo inducesse a un intervento utile…», poi ritorna al Distretto militare di Napoli, dove «ogni medico seguiva un proprio criterio. Il collega della stanza accanto aveva scelto di lavorare con la pistola di ordinanza ben esposta, impensabile per uno mite come il mite Armandino… Quanta differenza dagli amabili giovani della Val Pusteria…».
 
Eppure, persino in quell’ ambiente complicato, Gracilini «amava credere che anche le disavventure racchiudessero qualche aspetto positivo, un rovescio della medaglia… il poco da fare gli permetteva di frequentare largamente il policlinico, (lì) comparve un gentiluomo, il professor Giuseppe Zannini», cortese, puntuale, dall’eloquenza elegante.
Armandino entra dunque in contatto con un medico che svolge scrupolosamente il suo lavoro, che si dedica, dopo ore di sala operatoria, agli specializzandi.
Da Napoli, altra città, altro ospedale, il Sant’Anna di Ferrara, dove Armandino viene «comandato a scopo di perfezionamento, per iniziali mesi tre, rinnovabili».
 
Si tratta di un centro d’eccellenza, Gracilini lavora con impegno e impara; tocca con mano luci ed ombre del mondo ospedaliero, ripensa al peggiore dei mali, l’asservimento alla politica, e alle carriere facili di chi è manovrato dal sistema.
L’autore contestualizza gli eventi, cita i momenti storici che sono impressi nella mente di tutti, dal terremoto in Irpinia nel novembre 1980 alla caduta del muro di Berlino, nel 1989 e ricorda il Festival del cinema di Giffoni che (finalmente) si rivolge ai ragazzini, i delitti Falcone e Borsellino, il furto dell’«Urlo» di Munch.
Amarezza e sconcerto turbano il mite chirurgo, che continua a rincorrere il sogno di diventare un chirurgo bravo e competente, e soprattutto umano. E quando scopre la possibilità di curare con l’endoscopio, si sente protagonista di una «rivoluzione».
Ma la rivoluzione vera nella sua vita è la scoperta di aver avuto un figlio…tanto tempo fa, nato in un Paese lontano.
E qui mi fermo, per non dire troppo!
Preferisco lasciare la parola a Guido De Filippo
 
Quanto tempo ha impiegato per comporre un quadro così complesso?
«In senso stretto, un paio di anni, ma in realtà, la narrazione è il frutto di esperienze che vanno indietro per decenni.»
 
Quanto c’è di autobiografico in ciò che racconta?
«Credo che, in ogni scritto, ci sia sempre un po’ del vissuto dell’autore. Qui, nella vicenda del mite Armandino, molti fatti narrati sono veri… ma questa non è un’autobiografia, io sono diverso da Gracilini. Ho scritto e pubblicato per offrire un contributo piccolo, ma costruttivo, magari per provare a correggere qualcosa… ma questo dipenderà dalla diffusione del libro.»
 
Se tornasse indietro, cambierebbe qualcosa della sua vita e del suo lavoro?
«Mahh, è difficile guardare indietro, senza mettere in discussione scelte già fatte, irrevocabili, o anche scelte non fatte.
«Forse, inizierei la mia carriera di medico all’estero, ma quando si è giovani ci si fa prendere dalla passione e certe scelte - dopo - possono sembrare avventate. Diciamo che nel lavoro mi è riuscito di correggere il tiro in modo più efficace che nella vita.»
 
Potendo scegliere se diventare famoso come pittore o come scrittore, per quale attività propenderebbe?
«Senza dubbio per quella dello scrittore. Attraverso la scrittura si può dare qualcosa agli altri. La pittura è un piacere personale, qualcosa che ti rilassa e ti diverte, mentre nella scrittura vedo un mezzo per trasferire delle idee.
«Il prodotto deve essere attrattivo, questo libro potrebbe sembrare destinato solo agli addetti ai lavori, ma in realtà l’ho scritto per tutti, anche per chi diventerà un paziente.»
 
Ha progetti artistico-letterari per il futuro?
«Il giorno che non ne avessi, mi preoccuperei, perché da sempre mi si presentano tante idee, subisco una sorta di affollamento… Più che avere un’idea o un progetto, trovo impegnativo avere a determinazione e la costanza nel perseguire un obiettivo, dopo aver selezionato quello giusto.
«Mi sento attratto dai grandi temi del nostro tempo: l’ambiente, ad esempio, il rispetto dell’ambiente.
«Può sembrare un tema banale o utopistico, ma si pensi al valore inestimabile che potrebbe avere insegnare ai giovani ad aiutare i più deboli, a rispettare tanto il vicino quanto l’estraneo, a non fare del male ad alcuna creatura, a non causare sofferenza, ad essere naturalmente gentili, a rinunziare alla violenza, a rifiutare la sopraffazione, a contrastare la guerra…
«Il salto di qualità nella sensibilità collettiva potrebbe sembrare un sogno, ma se guardiamo all’evoluzione della cultura e della conoscenza nei secoli, non è solo possibile, ma rientra nella logica delle cose.»
 
Medico, scrittore, pittore… e anche un po’ filosofo! Sicuramente ancora ci sorprenderà, caro dottor de Filippo! Buona fortuna a lei, al suo Armandino, alla sua vita,