Giorgia Meloni in visita al nostro contingente in Iraq

«Grazie a voi il cammino dell’Italia è serio, rispettoso e rispettato, credibile e coraggioso. A voi dobbiamo la nostra testa alta e il nostro passo sicuro»

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata in Iraq a salutare i nostri soldati impegnati in una missione impegnativa in Iraq per contrastare i pericoli dell’Isis.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani è stato in Libano a trovare i nostri militari impegnati nella Missione Unifil.
Il ministro della Difesa Guido Crosetto è stato in Romania a incontrare il contingente italiano.
Tutti tre hanno portato i saluti e gli auguri di Natale ai soldati italiani impegnati in missioni di pace all’estero.
 
Ci ha fatto molto piacere sentire le parole pronunciate dal Presidente del Consiglio Meloni ai nostri ragazzi, perché rappresentano le ragioni per cui il nostro giornale ha svolto parecchie missioni nei teatri di guerra che impegnano i soldati italiani.
Da una parte volevamo verificare lo stato di preparazione e la dotazione di attrezzature dei nostri ragazzi.
Dall’altra volevamo verificare se i ragazzi impegnati così lontani da casa sentivano di avere alle spalle il nostro Paese, l’Italia.
In entrambi i casi il riscontro fu positivo.
 
Oggi il premier Meloni ha detto alcune cose importanti. La prima è che i nostri soldati danno lustro all’immagine dell’Italia con il loro comportamento, unico forse nel monto dei reparti impegnati in zone calde.
Il nostro giornale aveva rilevato e documentato anche questo aspetto.
Poi ha ricordato ai soldati che l’«Italia non dimentica i suoi soldati».
«La patria è come una madre e una madre non può mancare a Natale. – Ha detto. – «Grazie a voi il cammino dell’Italia è serio, rispettoso e rispettato, credibile e coraggioso. A voi dobbiamo la nostra testa alta e il nostro passo sicuro.»
 
Ascoltando la premier ci è tornato alla mente un aneddoto su La Russa.
Nel novembre 2010 il sottoscritto era andato in missione giornalistica insieme ad altri colleghi in Afghanistan. Era un brutto periodo per i nostri soldati perché perdevamo un alpino al mese. C'erano sparatorie, attentati, colpi di mortaio nei nostri distaccamenti.
Quando urlavano "Mortaio!" dovevi sapere che dovevi ripararti tra gli Hesco bastion più vicini.
Io avevo assistito a un combattimento notturno dei nostri elicotteri contro una minaccia segnalata dal drone.
Un collega era stato sbalzato in una esplosione che aveva colpito il mezzo davanti al suo a Bala Murgab.
 
Giravamo nei lince che avevano un frigo bar per mantenere al fresco… il plasma.
«Tenga la bocca aperta in viaggio – mi aveva detto un sergente. – Perché se dovessimo saltare su una mina, salva i timpani.»
«Devo tenere slacciato l'elmetto?» –  Domandai.
«No, perché semmai si tratterà di una implosione e non di una esplosione.»
Questo era l'ambiente.
 
A metà missione ci dissero che sarebbe arrivato il ministro della difesa, Ignazio La Russa, in visita a Herat.
Ma quando arrivò, ci chiusero in un serraglio.
«Non vogliamo che il ministro vi veda ridotti così. – Ci spiegarono. – Straccioni, impolverati, rintonati, duri... magari vi lamentate...»
Io avevo rotto il portatile e il filtro della macchina fotografica. Capita quando devi scappare in tutta fretta sull'elicottero...
Rendo l'idea quando dico che il rombo degli elicotteri faceva l'effetto delle trombe della cavalleria dei soldati blu che veniva a salvarti dagli indiani?
 
Insomma, ci lasciarono solo guardare la scena del ministro dall'alto, come se fossimo appestati.
La Russa arrivò, accompagnato dai suoi generali e dai... suoi giornalisti. Tutti belli, puliti, giacca e cravatta, mocassini. Ossequiosi.
Guai se avessero visto anche noi... Avrebbero respirato il vero clima di guerra che c'era.
Il ministro tornò a casa sereno, sapendo che i suoi uomini erano al sicuro, in una missione di pace che si svolgeva in tutta serenità.
Meloni sembra di tutt’altra pasta.

G. de Mozzi