Save the Children: in Venezuela bambini in fuga dalla fame
Esposti a un grave rischio di sfruttamento, abusi e malattie: una volta giunti in Colombia bambini e adolescenti rischiano di divenire vittime di traffico infame
Traffico di esseri umani, reclutamento da parte di gruppi armati e organizzazioni criminali, rischi sanitari: sono questi i pericoli ai quali vanno incontro i minori che entrano in Colombia dopo essere sfuggiti alla fame che li attanaglia in Venezuela, dove 300.000 bambini rischiano di morire a causa della malnutrizione.
A denunciarlo Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, impegnata a offrire supporto ai ragazzi e alle loro famiglie negli insediamenti lungo il confine tra i due paesi, fornendo luoghi sicuri dove giocare e imparare, supporto psico-sociale, kit per l’igiene e materiale educativo.
La spirale di tumulti politici e economici in Venezuela ha causato iperinflazione, disoccupazione e scarsità di cibo e medicinali, una combinazione che ha avuto come risultato l’innalzamento del tasso di malnutrizione, il più alto in venticinque anni. Nel paese, che oggi conta 1.3 milioni di persone malnutrite, ogni settimana muoiono tra i 5 e i 6 bambini per malnutrizione.
Da qui un incremento drammatico nel numero di individui che abbandonano il Venezuela in condizioni disperate: nell’anno passato il 62% di persone in più - oltre mezzo milione - ha attraversato il confine con la Colombia e vi è rimasto.
Jenny Gallego, Coordinatrice per la Protezione di Save the Children in Colombia, spiega che i bambini, entrando nel paese da soli - o persino accompagnati, - sono esposti a un serio rischio di rapimento e sfruttamento: «Dirigendosi verso le aree popolate, questi bambini che attraversano il confine in modo illegale percorrono un campo minato immaginario. La loro totale invisibilità di fronte ai servizi di sostegno e alle agenzie governative li rende estremamente vulnerabili per coloro che cercano di sfruttarli e abusarne, come i trafficanti o i reclutatori dei gruppi armati o di gang criminali.»
Anche i bambini che entrano in Colombia in modo legale insieme ai genitori, tuttavia, corrono i rischi legati alle difficili situazioni in cui si trovano a vivere: molti bambini hanno contratto diarrea, malattie della pelle o del sistema respiratorio a causa della mancanza di condizioni igienico-sanitarie appropriate e con l’arrivo della stagione delle piogge è prevista una maggiore diffusione di tali patologie nelle aree colpite dall’alluvione; nelle baraccopoli, inoltre, vi sono state epidemie di morbillo.
Carolina, venezuelana madre di 6 figli e all’ottavo mese di una gravidanza gemellare, ha attraversato il confine di recente: abita con tre dei suoi bambini in una capanna di lamiera con una voragine nel tetto e dei teloni per pareti.
«Per via della crisi economica non potevo più permettermi di comprare il cibo, così ho deciso di venire in Colombia. Le persone si prendono gioco della mia casa, perché non ha una struttura o un tetto adeguati, ma è l’unica cosa che ho.»
Maria Paula Martinez, Direttrice di Save the Children in Colombia, spiega che dopo decenni di conflitto civile, la Colombia ospita il maggior numero di sfollati interni al mondo, oltre sette milioni, più della metà dei quali bambini.
«Stanno arrivando in centinaia di migliaia dal Venezuela. E continueranno, poiché la crisi lì non mostra segnali di recessione. Il governo colombiano e il resto del mondo devono riconoscere la situazione per ciò che è: un’emergenza umanitaria prolungata, che probabilmente peggiorerà molto» afferma Martinez, ricordando che l’accesso al sistema sanitario e all’educazione è estremamente limitato per i tanti bambini che entrano nel paese in modo irregolare.
«Supportiamo l’appello dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati al governo colombiano, affinché continui a mostrare generosità nei confronti dei venezuelani riconoscendone sotto il profilo legale i diritti essenziali e la presenza nel paese, per assicurare che i bambini e le loro famiglie siano protetti» conclude Martinez.
«La responsabilità di questi bambini non ricade solo sulla Colombia. Sollecitiamo i governi dei paesi adiacenti affinché tengano i confini aperti e chiediamo al resto del mondo di sostenerli nell’aiutare i bambini e le famiglie in condizioni di bisogno.»