Violenza sulle donne: oltre 500 denunce nel 2011 in Trentino
Rapportando alle 160.000 donne presenti in Trentino nella fascia 20-64 anni, si arriva a circa 3 denunce ogni 1.000 donne
Presentati oggi in Provincia i dati sulle denunce riguardanti violenze commesse sulle donne nel 2011.
Sono 506 le denunce connesse a potenziali episodi di violenza di genere, raccolte da Carabinieri e Polizia.
Rapportando questa cifra al numero complessivo di donne presenti in Trentino nella fascia 20-64 anni, ovvero circa 160.000, si arriva a circa 3 denunce ogni 1.000 donne.
Circa due terzi delle denunce raccolte contengono un solo reato, mentre il rimanente include due o più reati.
I reati più diffusi sono minacce (182), ingiurie (121), lesioni personali (110).
75 i casi di molestie, 61 i maltrattamenti in famiglia, 30 le violenze sessuali tentate o consumate.
In 211 casi l'autore della violenza è il partner, in assoluto il primo autore di violenze.
Solo il 13% delle denunce riguardano atti di violenza commessi da persone sconosciute alla vittima.
Il 75% delle vittime sono di cittadinanza italiana, il restante 25% non italiana.
I dati sono stati presentati nel corso di una conferenza stampa a cui hanno partecipato l’assessore alla solidarietà internazionale e convivenza Lia Beltrami Giovanazzi, Filomena Chilà per il Commissariato del Governo, Annamaria Maggio, primo dirigente della Polizia di Stato, il comandante provinciale dei carabinieri Maurizio Graziano.
E inoltre, il dirigente dell'Agenzia per la famiglia Luciano Malfer, Daniela Borra del Servizio politiche sociali, e Cristiano Vezzoni, ricercatore presso il Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell'Università degli studi di Trento.
La raccolta delle denunce per reati ascrivibili a casi di violenza di genere, effettuata dall’Osservatorio provinciale sulla violenza di genere, rappresenta l’esito di una collaborazione tra Provincia, Commissariato del Governo e Forze dell’ordine, sancita formalmente lo scorso 24 luglio con la sottoscrizione del Protocollo d’intesa «Per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza di genere in Provincia di Trento».
La raccolta dei dati è avvenuta con la supervisione scientifica del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento e rappresenta una delle primissime esperienze in tal senso a livello nazionale.
«Due i problemi fondamentali che si incontrano su questo terreno delicato – ha detto l'assessore Beltrami, – la scarsità di dati e il mancato coinvolgimento della società civile. Su entrambi i fronti il Trentino, con questa ricerca, dimostra di avere qualcosa da dire. Il cammino, comunque, continua: a gennaio il protocollo con cui è partita la collaborazione fra i diversi attori sarà esteso anche alla polizia locale, ed entro la fine dell'anno verranno istituite le case rifugio previste per legge, sette alloggi per circa una ventina di posti letto, prevedendo di ospitare anche bambini. Inoltre andremo a fare maturare una ulteriore proposta per la presa in carico di alcune categorie particolarmente fragili, come le donne vittime della tratta.»
Vediamo ancora qualche dato, rimandando per i dettagli alla tabella allegata.
Le denunce presentate ai Carabinieri sono state 396, 110 quelle presentate alla Polizia. Nell'87% dei casi la denuncia è stata presentata dalla vittima; solo una denuncia su 10 è partita d'ufficio o è stata presentata da altri.
La distribuzione delle denunce sul territorio non è dissimile da quella della popolazione femminile (nella fascia tra i 20 e i 64 anni).
Ciò indica una certa proporzionalità territoriale nell’incidenza di questo tipo di denunce e il fatto che la violenza di genere è un fenomeno presente in ogni zona del Trentino. Il fenomeno della violenza di genere è comunque presente trasversalmente per tutte le fasce di età.
Le denunce rappresentano naturalmente solo la punta di un iceberg: su scala europea e nazionale si stima che esse riguardino appena il 6-7% del totale delle violenze di genere, e il Trentino non si discosta significativamente dalla media nazionale. Esiste, insomma, un universo nascosto, che fatica a venire alla luce, per complessi ordini di ragioni, anche culturali.
Nel corso della conferenza stampa sono stati inoltre illustrati da parte del Servizio per le politiche sociali e abitative i dati relativi alle utenti delle organizzazioni che gestiscono servizi finanziati ai sensi delle leggi sulle politiche sociali che si occupano di fenomeno della violenza sulle donne.
Erano presenti i rappresentanti degli Enti istituzionali e del Terzo settore componenti del Comitato per la tutela delle donne vittime di violenza. I dati sono relativi ai nuovi accessi nel 2011.
Per quanto riguarda di servizi residenziali (Casa della giovane, casa padre Angelo, Famiglia materna, Punto d'approdo, Alfid) sono stati complessivamente 48. Per quanto riguarda i servizi non-residenziali, 46 per l'Alfid e 189 per il Centro antiviolenza. Si conferma anche qui che nella maggior parte dei casi l'autore della violenza è il marito/partner.
Più della metà dei nuovi accessi è costituito da donne coniugate e/o conviventi. Il trend che emerge, nel corso degli anni, è fino ad oggi abbastanza lineare.
Preoccupa il fatto che ancora molte donne faticano a sporgere denuncia, vuoi per timore dello stigma sociale, vuoi anche, come sottolineato dalla Consigliera di parità Eleonora Stenico, per sfiducia nei confronti del sistema della giustizia, unita alla paura di eventuali ritorsioni.
Per quanto riguarda le denunce sui luoghi di lavoro, ad esempio, «credo che i dati siano sottostimati - ha detto la Stenico - a causa della pesante soggezione che le lavoratrici vivono nei confronti del datore di lavoro».
Un'altra pista possibile emersa nel corso del dibattito riguarda gli uomini autori delle violenze.
Secondo la Commissione per le pari opportunità è necessario mettere in campo iniziative anche nei loro confronti, vincendo se necessario le ovvie resistenze, compresa quella a riconoscere l'esistenza stessa di una violenza in un comportamento che molti, purtroppo, continuano a considerare normale.
Minella Chilà